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Ragionando a caldo sulla vittoria di Berlusconi

Tre osservazioni mi vengono spontanee dopo il voto della Camera (e del Senato) a proposito di fiducia. La prima è che Berlusconi, che doveva essere sfiduciato, ha invece resistito. Vittoria di Pirro? Non credo. Simbolicamente è una vittoria vera, tenendo presente che il proposito di chi gliel’aveva giurata (e cioè Fini) era proprio quello di partire dalla sua sconfitta, per cominciare a “costruire un centro-destra diverso”. E’ ora chiaro che il centro-destra non farà a meno di Berlusconi. La seconda è che un governo tenuto in vita da due ex dipietristi, da un ex pidessino, dal veltroniano Calearo (oltre che da due donne e due uomini ex Fli) non ha una maggioranza politica. Ma sarà ancora Berlusconi a tenere in mano il mazzo delle carte. Il premier potrà o tentare di allargare l’esecutivo, sempre presieduto da lui, o puntare alle elezioni anticipate, con una coalizione  che i sondaggi danno ancora vincente, alla Camera, e magari tentando, prima, di modificare la legge elettorale del Senato introducendo il premio di maggioranza nazionale. Impossibili naturalmente, numeri alla mano, non solo governi tecnici o ribaltonismi, ma anche presidenti diversi d’un governo di centro-destra, ora e nemmeno con le future elezioni. La terza è che Veltroni ha commesso tre gravi leggerezze (per usare un eufemismo): ha apparentato Di Pietro, che col 4,2% si è salvato e con lo 0,3% in meno (senza apparentamento e con la scure del voto utile avrebbe perso ben di più) sarebbe scomparso e non gli avrebbe sottratto i voti, non ha apparentato i socialisti e li ha per la prima volta cacciati dalle istituzioni e infine, ed è la colpa forse più grave, ha inventato Calearo, il vero salvatore di Berlusconi col suo trio delle meraviglie ad effetto “coup de theatre”. Poteva decisamente fare meglio.