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La batosta di Berlusconi

Cerco di ragionare individuando alcuni elementi a mio avviso inoppugnabili sui dati elettorali. Il primo è che si tratta di un voto con una sua forte valenza politica. Non la si riscontra solo nel risultato di Milano e Napoli (dove va compiuta una più singolare valutazione), ma anche nell’andamento delle altre città, da Trieste a Novara, da Cagliari a Pavia. Quando c’è nei risultati elettorali un minimo comun denominatore vuol dire che c’è un elemento politico. E quell’elemento politico è l’insoddisfazione nei confronti del governo e, in particolare, del presidente del Consiglio, che tanto si è speso in questa campagna elettorale, probabilmente persuaso di portar una dote ai suoi candidati, e non accorgendosi invece di portar loro un danno. Occorre, poi, anche prendere lucidamente atto che il malessere nei confronti del governo non è solo un dato italiano. Basti considerare come ha votato la Germania, ma anche, recentemente, come ha votato la Spagna, dove Zapatero col suo Psoe ha perso perfino la roccaforte storica di Barcellona, un pò come Milano per il Pdl. Ma siccome il presidente del Consiglio ha sempre affermato che l’Italia era diversa, e che il suo governo, contrariamente agli altri europei, aveva vinto sempre nelle elezioni amministrative e regionali durante la legislatura, allora il premier deve prendere atto che anche il suo governo è come gli altri e che anche in Italia si respira quel vento di insoddisfazione e di preoccupazione verso il futuro che si avverte altrove. Ma in Italia questo assume un effetto ancora più rilevante che negli altri paesi perchè in Italia vi è una sovraesposizione del leader molto più forte che non in altri paesi, dove vengono ancora votati i partiti. Credo che tutto questo non produrrà solo malessere nella maggioranza. Penso che all’interno del Pdl e anche nella Lega si leveranno forti segnali di insofferenza. Non so se questi segnali, che già si sono peraltro più volte manifestati, provocheranno anche un rinnovamento nella leadership del governo. Se questo dovesse avvenire la sinistra dovrebbe preoccuparsi non poco, perchè perderebbe Casini e Fini, che verrebbero coinvolti in un centrodestra senza Berlusconi. E’ più probabile che, come avviene sempre quando il leader non riconosce i suoi errori (avvenne anche nel Psi con l’ultimo Craxi), la colpa venga fatta ricadere sui suoi, sul suo partito, sui suoi candidati, sui suoi ministri. E si accenda una dura polemica che potrebbe dar vita anche a sostanziali mutamenti negli assetti interni e di governo. La cosa semplice è che Berlusconi ha perso la sua spinta propulsiva, ammesso che mai l’abbia avuta. Certo l’ha persa nei confronti degli italiani. E questa è la vera notizia. La sinistra e il centro devono, però, non entusiasmarsi troppo. E dar vita a una proposta alternativa che oggi ancora non c’è. Vivere sugli allori può essere pericoloso. Giuliano Ferrara lo ha ricordato giustamente affermando che per pensare a una fase chiusa davvero bisogna che ne sia pronta un’altra. Che ancora non c’è. A meno che non si voglia intendere che Pisapia e De Magistris rappresentino un nuovo progetto politico di carattere nazionale. Può anche darsi, ma i requisiti per vincere le elezioni politiche mi paiono altri. Attenzione, perchè se c’è sempre un De Magistris che impedisce all’alternativa di centrodestra di approfittare del disastro della sinistra a Napoli, ci può sempre essere un Tremonti che impedisce alla sinistra di approfittare del disastro del centrodestra a Roma. Gli italiani sono i primi a spostarsi da un polo all’altro senza alcuna reticenza. Come volevasi dimostrare.