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Ai confini della realtà. Due ultrasportivi reggiani, Antonio Tallarita e Fabrizio Bottazzi, premiati in Sala del tricolore il 29 giugno alle 18

Quando lo sport diventa sfida impossibile. Quando sembra superare le barriere del reale. Due concittadini reggiani, uno nella disciplina del podismo e l’altro del ciclismo, sono diventati veri eroi nazionali e internazionali. Il primo, e forse più conosciuto, è Antonio Tallarita, 52 anni, ingegnere della Lombardini motori, che nel 2004 si cimenta con la prima maratona  a Carpi, corsa in 3 ore e 23 minuti. Nel 2006 partecipa per la prima volta alla mitica 100 chilometri del Passatore (da Firenze a Faenza, attraversando l’Appennino) che corre in 10 ore e 23 minuti. Nel 2008 la prima 24 ore di corsa ininterrotta a Palermo, percorrendo ben 197 chilometri e 600 metri. Nel 2009 è vice campione italiano della 24 ore di corsa e secondo nella gara di 202 chilometri con 3.500 metri di dislivello. Nello stesso anno è primo alla 24 ore di Antibes e 17esimo alla Spartathlon (Atene-Sparta, di 246 km) con il secondo miglior tempo italiano di sempre. Nel 2010 è campione europeo e vice campione mondiale nelle 24 ore a squadre. Vince poi la 12 ore di Fano, nel 2011 vince la straordinaria gara Torino-Roma (di 712 chilometri), dedicata al centocinquatesimo dell’unità d’Italia. Il secondo arriva il giorno dopo, a diciotto ore di distanza. A Reggio, al circuito Cimurri, entra nel Guinness World Record dei primati nella 1.000 chilometri (diconsi mille…) in dieci giorni e come se non bastasse nel febbraio del 2012 a Helsinki (4 mesi dopo) ottiene la miglior prestazione italiana di sempre nella 100 chilometri e 12 ore indoor. Mel maggio del 2012, in Ungheria, nella gara di 6 giorni sul lago Balaton, ottiene la miglior prestazione italiana della categoria M 50 e la seconda prestazione di sempre percorrendo 761 km (con la media di 127 km al giorno). Tra i suoi impegni futuri l’organizzazione della “Ultramaratona del Tricolore” il 27 ottobre nella pista Cimurri, con gare di 6 ore e 100 chilometri e 12 ore, portando a Reggio Emilia (per la prima volta) la “carovana“ dell’Ultramaratona composta da circa 200 atleti provenienti da mezzo mondo.
Fabrizio Bottazzi inizia a cimentarsi nel ciclismo negli anni settanta. E’ commerciante del centro storico e segue la passione del papà Gian Paolo e dello zio Giorgio. Scala diversi passi alpini (le Tre cime di Lavaredo, il Gavia sterrato, lo Stelvio e ha solo 13 anni). Dopo il servizio militare vince diverse gare in provincia e milita nel team di Roberto Reverberi, ora manager della squadra Csf Navigare. Ma un gravissimo incidente lo blocca. E’ il 12 febbraio 1992 e viene tamponato da un auto a villa Sesso. La sua situazione si presenta molto grave, subisce due interventi chirurgici, deve sottoporsi a una lunghissima terapia riabilitativa. Ma non ci molla, appena può riprende a pedalare. Dalle Gran Fondo, che allora erano di 220 chilometri, passa alle diverse classiche del Nord: la Parigi-Rubaix (tre volte in un anno e terzo assoluto), la Liegi-Bastone-Liegi, due volte, con un primo assoluto e il Giro delle Fiandre. Poi si dedica alle ultra-gare. E con la sua società Beriv di Ivan Bertocchi corre la Bordeaux-Parigi di 600 chilometri, la Super Randonnèe di Cuneo di 500 chilometri ed è terzo assoluto in 26 ore, la Parigi-Brest-Parigi di 1.200 chilometri, la Londra-Edimburgo-Londra di 1.460 chilometri ed è primo degli italiani e secondo assoluto con 68 ore di tempo. Confessa che per potersi allenare al meglio per questi lunghissimi percorsi chiude il negozio alle sei-sette di sera, inforca la bici e si fa diverse volte la settimana tutto il giro del Lago di Garda (arriva fino a Riva e poi torna a Reggio e sono centinaia di chilometri), poi torna in città in tempo per poterlo riaprire la mattina. Un fenomeno.