Quando lo sport diventa sfida impossibile. Quando sembra superare le barriere del reale. Due concittadini reggiani, uno nella disciplina del podismo e l’altro del ciclismo, sono diventati veri eroi nazionali e internazionali. Il primo, e forse più conosciuto, è Antonio Tallarita, 52 anni, ingegnere della Lombardini motori, che nel 2004 si cimenta con la prima maratona a Carpi, corsa in 3 ore e 23 minuti. Nel 2006 partecipa per la prima volta alla mitica 100 chilometri del Passatore (da Firenze a Faenza, attraversando l’Appennino) che corre in 10 ore e 23 minuti. Nel 2008 la prima 24 ore di corsa ininterrotta a Palermo, percorrendo ben 197 chilometri e 600 metri. Nel 2009 è vice campione italiano della 24 ore di corsa e secondo nella gara di 202 chilometri con 3.500 metri di dislivello. Nello stesso anno è primo alla 24 ore di Antibes e 17esimo alla Spartathlon (Atene-Sparta, di 246 km) con il secondo miglior tempo italiano di sempre. Nel 2010 è campione europeo e vice campione mondiale nelle 24 ore a squadre. Vince poi la 12 ore di Fano, nel 2011 vince la straordinaria gara Torino-Roma (di 712 chilometri), dedicata al centocinquatesimo dell’unità d’Italia. Il secondo arriva il giorno dopo, a diciotto ore di distanza. A Reggio, al circuito Cimurri, entra nel Guinness World Record dei primati nella 1.000 chilometri (diconsi mille…) in dieci giorni e come se non bastasse nel febbraio del 2012 a Helsinki (4 mesi dopo) ottiene la miglior prestazione italiana di sempre nella 100 chilometri e 12 ore indoor. Mel maggio del 2012, in Ungheria, nella gara di 6 giorni sul lago Balaton, ottiene la miglior prestazione italiana della categoria M 50 e la seconda prestazione di sempre percorrendo 761 km (con la media di 127 km al giorno). Tra i suoi impegni futuri l’organizzazione della “Ultramaratona del Tricolore” il 27 ottobre nella pista Cimurri, con gare di 6 ore e 100 chilometri e 12 ore, portando a Reggio Emilia (per la prima volta) la “carovana“ dell’Ultramaratona composta da circa 200 atleti provenienti da mezzo mondo.
Fabrizio Bottazzi inizia a cimentarsi nel ciclismo negli anni settanta. E’ commerciante del centro storico e segue la passione del papà Gian Paolo e dello zio Giorgio. Scala diversi passi alpini (le Tre cime di Lavaredo, il Gavia sterrato, lo Stelvio e ha solo 13 anni). Dopo il servizio militare vince diverse gare in provincia e milita nel team di Roberto Reverberi, ora manager della squadra Csf Navigare. Ma un gravissimo incidente lo blocca. E’ il 12 febbraio 1992 e viene tamponato da un auto a villa Sesso. La sua situazione si presenta molto grave, subisce due interventi chirurgici, deve sottoporsi a una lunghissima terapia riabilitativa. Ma non ci molla, appena può riprende a pedalare. Dalle Gran Fondo, che allora erano di 220 chilometri, passa alle diverse classiche del Nord: la Parigi-Rubaix (tre volte in un anno e terzo assoluto), la Liegi-Bastone-Liegi, due volte, con un primo assoluto e il Giro delle Fiandre. Poi si dedica alle ultra-gare. E con la sua società Beriv di Ivan Bertocchi corre la Bordeaux-Parigi di 600 chilometri, la Super Randonnèe di Cuneo di 500 chilometri ed è terzo assoluto in 26 ore, la Parigi-Brest-Parigi di 1.200 chilometri, la Londra-Edimburgo-Londra di 1.460 chilometri ed è primo degli italiani e secondo assoluto con 68 ore di tempo. Confessa che per potersi allenare al meglio per questi lunghissimi percorsi chiude il negozio alle sei-sette di sera, inforca la bici e si fa diverse volte la settimana tutto il giro del Lago di Garda (arriva fino a Riva e poi torna a Reggio e sono centinaia di chilometri), poi torna in città in tempo per poterlo riaprire la mattina. Un fenomeno.