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Ma anche D’Ambrosio non poteva non sapere, no?

Piovono le rivelazioni, si moltiplicano le dichiarazioni e si rispolverano i ricordi a proposito dell’intervista dell’ex ambasciatore americano in Italia Bartolomew, alla quale si è poi aggiunta quella dell’ex console americano a Milano Semler, pubblicate entrambe da “La Stampa”. Tre sconcertanti novità emergono. La prima è che Bartolomew abbia convocato, per denunciare le persistenti violazioni dei diritti civili in Italia (attraverso l’improprio uso del carcere preventivo a fini di confessione) alcuni magistrati nel suo ufficio, assieme ad Antonio Scalia, giudice della Corte suprema. In quell’incontro si convenne che in Italia si stavano calpestando “i diritti basilari degli imputati” nonché “i principi basilari del diritto anglosassone”. Non è dato sapere che fine fece quella denuncia, della quale nulla emerse pubblicamente. Questa posizione l’ambasciatore americano prese anche per equilibrare la posizione assunta dal console americano che era di completo appoggio all’azione di Di Pietro. E questa è la seconda e ancor più sconcertante novità. E cioè che Semler ricevesse nel suo ufficio Di Pietro per periodici faccia a faccia. La cosa era evidentemente sconosciuta ad altri magistrati anche dello stesso Pool. Tanto che Gerardo D’Ambrosio se ne stupisce e afferma che se l’avesse saputo allora si sarebbe alquanto arrabbiato col piemme, simbolo di quella stagione. La terza e altrettanto sconcertante novità scaturisce da un ricordo di Semler riferito all’autunno del 1991 (l’arresto di Chiesa è del marzo del 1992). In quell’occasione Di Pietro rivelò al console americano che Craxi e la Dc sarebbero stati distrutti dalle inchieste. Dunque con cinque mesi di anticipo sul primo arresto, non solo violando il segreto istruttorio (come era, e purtroppo è tuttora, prassi consolidata), ma anche anticipando le conclusioni delle indagini, quasi fossero state già scrittte. L’unica conclusione, che mi pare per ora giusto trarre, sta nelle stesse affermazioni di D’Ambrosio. Poteva un Pool (cioè una sorta di aggegrazione di magistrati che dovevano concertare le loro iniziative) avere al suo interno un magistrato che teneva un segreto di questa portata, riferito a rapporti con un rappresentante di una nazione straniera, anche se alleata? Evidentemte si trattava di un segreto importante e forse decisivo, altrimenti non sarebbe stato così gelosamente custodito. Non doveva valere infatti anche per i magistrati del Pool il teorema del “non potevano non sapere?”.