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Evviva il professionismo politico

Anche perchè il suo contrario non è il nuovismo, ma il dilettantismo. Ed è proprio quello che ha caratterizzato questi ultimi vent’anni di politica, o non politica, italiana. Sono stati aperti da una rivoluzione che ha cacciato come mercanti dal tempio i vecchi dirigenti e si sono caratterizzati dalla presenza di partiti senza storia e senza identità, il più vecchio dei quelli è stata la Lega, nata alla fine degli anni ottanta, e da classi dirigenti rinnovate, tranne alcune e non marginali eccezioni, che corrispondevano alle seconde fila della vecchia partitocrazia. Oggi siamo alla seconda rivoluzione, la prima di carattere prevalentemente giudiziario, la seconda di origine sociale e motivata dalla drammatica situazione economica. Ancora si parla di nuova politica, e giustamente, se la vecchia é stata quella che si è praticata in questi vent’anni, ma si sbaglia l’obiettivo. L’obiettivo non può essere il professionismo politico, ma il dilettantismo, l’incapacità, l’impreparazione politica. Il tema di fondo é la mancanza di una classe dirigente politica autorevole, capace di farsi sentire in Europa, di mettere in discussione parametri e pretese, di non rassegnarsi al primato del mercato. In questi vent’anni non abbiamo avuto leader carismatici. Non ci sono stati dei De Gasperi, dei Togliatti, dei Nenni, dei Saragat, dei Berlinguer, dei Moro, dei Craxi. La politica ha espresso nuovi profili che provenivano dalle professioni, come Berlusconi, Tremonti, ma anche Monti, o personalità politiche decisamente prive di carisma come Prodi e Bersani. Forse solo D’Alema e Fini potevano fare eccezione, ma sono stati entrambi vittime proprio dell’accusa più indecente, quella di essere professionisti della politica. Come in fondo lo erano tutti i leader prima richiamati e che, non a caso, non sono mai stati sottoposti a vincoli sul numero di mandati parlamentari. Adesso il grillismo imperante giustamente mette sotto accusa le classi dirigenti degli ultimi vent’anni, e la cosiddetta politica di oggi non solo non sa difendersi, ma gli strizza l’occhio e gli dà in fondo ragione. L’elezione della Boldrini e di Grasso, al di là della scelta, certo encomiabile, delle due persone, mette proprio in rilievo questo elemento. Franceschini e la Finocchiaro erano scelte troppo sgradite alla filosofia grillina, che si cerca di stuzzicare, di assecondare, di importare anche se a lisciare troppo il pelo dell’orco si finisce per fare un brutta fine. Probabilmente la Boldrini si rivelerà un’ottima presidente della Camera e Grasso un eccellente presidente del Senato, ma né l’uno né  l’altro hanno alcuna esperienza politica e istituzionale. Cioè hanno in fondo quelle caratteristiche grazie alle quali sono stati scelti. Non l’esperienza, ma l’inesperienza, non la preparazione, ma l’impreparazione. È la filosofia grillina del tutti a casa. Purtroppo la mancanza, solo in Italia, di partiti d’identità, che sono senza storia e senza tessuto connettivo che non sia l’adesione all’anticomunismo senza comunismo o all’antiberlusconismo anche dopo Berlusconi, ha contribuito a espellere dalla politica molti vincoli ideali. E la politica appare sempre più come una semplice occasione di carriera, per di più ben remunerata. Quel che manca però, semmai, è proprio un diverso tessuto politico che sia in armonia con l’Europa e con la storia dell’Italia. Non le vecchie strutture costose, ma agili strumenti di organizzazione e comunicazione, capaci di educare e preparare nuovi dirigenti politici. Quel che manca non è il vecchio nuovismo della seconda repubblica, che si cerca di affondare con un rinnovato nuovismo altrettanto pericoloso per l’Italia, ma una nuova classe dirigente con alta professionalità politica. Per il nostro futuro e per quello, ahimè alquanto incerto, dei nostri figli.