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Senza Senzani

Non sono uno di quelli che pensano che un brigatista debba morire in carcere. Fra l’altro sono contrario all’ergastolo e penso che qualsiasi delitto, anche il più feroce, debba meritare una pena che non chiuda a nessuno la possibilità di un ravvedimento e la speranza di un futuro. Tanti giovani degli anni settanta hanno rovinato la vita a tante famiglie e si sono rovinata la loro. I peggiori sono stati i cosiddetti cattivi maestri che hanno educato alla violenza più truce, l’hanno ispirata e nobilitata. Uno di questi era Senzani, che ha confessato di essere stato l’ispiratore del delitto peggiore della storia brigatista, il più infame, quello di Roberto Peci, solo colpevole di essere il fratello di Patrizio, il primo pentito brigatista. Venne rapito, tenuto prigioniero e barbaramente assassinato dopo un sadico rituale al suono dell’Internazionale. Un delitto giustificato dalla “culpa sanguinis”. Che questo Senzani sia oggi in libertà passi. Ma che adesso sia salito agli onori della cronaca come protagonista di un film ci pare troppo. Le sue parole che non sanno di ravvedimento, ma solo di acido giustificazionismo storico, sono ancora pallottole per tante famiglie, per tanti figli, come quello di Roberto Peci che non ha mai conosciuto suo padre, freddato da un manipolo di fanatici all’ordine di Senzani. Meglio cento anni da pecora, che un giorno da Senzani. Anzi, meglio un giorno senza Senzani.