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L’attacco alla Siria

Ha ragione Bernard Henry Lèvy sul Corriere di oggi. Esiste un’ipocrisia diffusa attorno alla risposta da dare al massacro siriano. E si deve dare atto al socialista Hollande di essersi per primo distinto dal coro dell’indifferenza e dell’impotenza. È giusto dunque che a fronte di una così palese violazione del diritto internazionale debba esserci una reazione. Ma, sta qui il punto. Una risposta per essere legittima dovrebbe darla l’Onu, come avvenuto in Afghanistan e prima in Kuwait. L’Onu è però bloccata dai veti russi e cinesi e non può far nulla. È giusto allora che si muova l’America coi suoi eventuali alleati? In questo caso mancherebbe la fedelissima Gran Bretagna dopo la bocciatura parlamentare del povero Cameron, il quale, se avesse un minimo di dignità, dovrebbe dimettersi dopo la figuraccia. Io penso che, pur essendo teoricamente illegittimo, sarebbe opportuno se un’azione militare fosse motivata da prove certe delle responsabilità del regime siriano sull’uso di armi chimiche e da conseguenze ben calcolate sul piano militare e politico. Sulla responsabilità di Assad esistono tuttora dubbi, forse immotivati, ma certo corroborati dalla vicenda irachena e dalla supposta esistenza di armi di distruzione di massa, mai esistite. Sulle conseguenze dobbiamo essere molto chiari. Un attacco, neppure risolutivo, alla Siria, non eliminerebbe Assad, ma certo rafforzerebbe i suoi oppositori. E chi sono costoro? Sono oggi in massima parte estremisti islamici, con Al Qaeda attivissima. A questo si vuole arrivare? Non hanno insegnato nulla le conseguenze del dopoguerra in Afghanistan dopo che gli americani avevano appoggiato decisamente i talebani e armato lo stesso Osama? Adesso, armando l’islamismo, scendendo in guerra al suo fianco, l’America sta difendendo se stessa, l’Occidente, l’Europa? Sono queste le domande e le perplessità che mancano nel lucido articolo di Henri Lèvy. Ma si sa, gli intellettuali, raramente sono sfiorati da dubbi.