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Un’altra tragedia

Ancora una rudimentale imbarcazione che s’inabissa in mare al largo di Lampedusa. Ancora donne, bambini e uomini in mare. Ancora cadaveri che s’avvistano galleggianti come materassini di gomma. Le prime informazioni parlano di duecento persone catapultate in mare. Tutto questo rafforza le nostre convinzioni che non si basano solo sulla forte emozione che tutto questo provoca nelle coscienze delle persone di buona volontà. Ancora più forte si ode quell’urlo di vergogna lanciato da Papa Francesco. È venerdì sera. E speriamo che le prime notizie vengano attutite da dati meno pesanti. Resta in noi la volontà di farla finita con queste tragedie. Innanzitutto meglio proteggendo coloro che fuggono dalla guerra, dall’oppressione e dalla morte. E costoro non si chiamano clandestini, ma esuli. Poi pattugliando le coste dalla quali partono i barconi per impedire azioni di sfruttamento da parte dei cosiddetti scafisti. E infine abrogando l’assurdo reato di clandestinità che può dissuadere le nostre imbarcazioni dal portare soccorso, mentre i migranti che si salvano a stento dalla morte vengono inquisiti da una legislazione che non conosce la pietà. Ma anche facendola finita con questo terrore dell’invasione barbarica che proverrebbe dal mare. Gli ultimi dati sono esaurienti. Portano a ritenere che solo una minima parte dei migranti si ferma in Italia dirigendosi i più verso altri paesi europei. Ho letto i dati che riguardano l’Austria che ha avuto, nel solo mese di aprile, 7700 richieste di asilo, tra afghani, siriani e russi, mentre in Bulgaria sono attesi 20mila rifugiati da Siria e Afghanistan. Tutti via terra. In Italia siamo a numeri assai più bassi. Sarebbe opportuno che il ministero degli Interni potesse chiarire e confrontare questi dati. Sarebbe opportuno, questo, per evitare che i problemi che oggi sono in larghissima parte sulla pelle di Lampedusa, diventino un impotente tormentone nazionale. L’immigrazione italiana rappresenta invece un problema assolutamente gestibile e risolvibile.

 

 

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