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Follie da stadio italiano

Se si potesse parlare liberamente di pubblico degli stadi con profonda conoscenza del fenomeno, allora si dovrebbe riconoscere che solo in Italia esistono i cosiddetti biglietti nominativi. Ma anche che i biglietti nominativi non servono assolutamente a nulla. Nelle curve gli steward non ci vanno, per paura degli ultras. E nelle curve nessuno sta al suo posto. Dunque è impossibile risalire individualmente a eventuali responsabilità. Di più. Esiste l’obbligatorietà delle riprese a circuito chiuso, ma quando si alza un coro razzista non si riesce a risalire ai responsabili mentre dovrebbe essere facile incrociando biglietti nominativi e videosorveglianza. Pare che tutto sia stato pensato e attuato non già per prevenire fatti di violenza nei settori più a rischio, ma semplicemente per rendere quasi impossibile l’uso dello stadio alle persone perbene. D’altronde questo è il risultato del combinato disposto tra stadi vecchi e disposizioni normative. Solo in Italia, oltre ai biglietti nominativi che impediscono a una persona di decidere di recarsi allo stadio alla domenica in base al tempo che fa, alla sua condizione di salute, al voto a scuola del figlio, esiste la tessera del tifoso, che impedisce a chiunque di abbonarsi e di seguire la sua squadra in trasferta se ne è privo. E qui cominciamo a enumerare i dispositivi che si scontrano anche con i semplici diritti costituzionali dei cittadini. Il primo è certo costituito dalla norma che prevede la tessera del tifoso vietata a chi ha ottenuto un Daspo, cioè un divieto di accesso allo stadio, anche una volta scontata la pena. Ogni cittadino, una volta scontata una pena, ritorna esattamente come gli altri. Tranne che nel calcio. Poi le squalifiche delle curve, fatto nuovo per il calcio. Se si leva un coro razzista, non è responsabile chi lo scandisce, ma tutta la curva che viene squalificata. Attenzione. Non vale il paragone con le vecchie squalifiche del campo per un’invasione di pochi imbecilli. In quest’ultimo caso la gara veniva giocata, fino a qualche anno fa, altrove e tutti potevano assistervi. Poi si è preferito giocare la gara a porte chiuse e nessuno poteva assistervi. Adesso si preferisce tagliare dal pubblico la fetta di tutti coloro che con l’abbonamento o il biglietto hanno assistito alla gara incriminata dallo stesso settore. E costoro non possono neppure comprarsi un biglietto in un altro settore. Sono responsabili di che? Del fatto che non sono intervenuti per far cessare il coro? Ma come potevano farlo? Lo dovranno fare in futuro, allora, questo è l’implicito messaggio, per evitare anche la loro penalizzazione. Ma in che modo? Ingaggiando una rissa? Ma siamo pazzi? Mi pare sia, questa, anche se di origine Uefa, una delle disposizioni piu stupide. Infine la responsabilità oggettiva, che non esiste in nessuna legislazione al mondo se non nella Russia di Stalin o nel Portogallo di Salazar. Se un giocatore vende o compra una partita anche a scapito dell’interesse della sua società è quest’ultima che paga. Continuiamo così. Il calcio italiano ne trarrà enormi benefici. Per adesso siamo all’ultimo posto tra le grandi nazioni per pubblico negli stadi. E le serie inferiori, la B e la Legapro, il pubblico lo hanno quasi azzerato. Negli anni ottanta per la serie B veniva chiesto un minimo di capienza di 20mila posti, adesso ci gioca il Carpi, in uno stadio, finora mai pieno, di 4300 posti. Non cambiamo nulla e tra un po’ saremo a livello della Bulgaria.