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Una nobile parola che si chiama socialismo

Un rogo, sette morti, due feriti gravi, tutti cinesi, a Prato, la città più cinese d’Italia dove le imprese tessili abbondano, ma quelle orientali sono in maggioranza. Un rogo, sette morti, due feriti gravi. Eppure si sapeva da tempo in che condizione lavoravano. S’erano svolte inchieste, interviste, trasmissioni televisive che inquadravano il fenomeno dei cinesi ammassati in stanzette di cartone, su materassi con fornelli improvvisati, uno sull’altro, come in un orribile girone dell’Inferno dantesco. Carne umana mercificata, disprezzata, solo usata per produrre di più, per sfondare sul mercato a minor prezzo. Per arricchire vecchi padroni con le brache bianche. Uomini, donne, bambini smunti, che ti guardavano con gli occhi impressionati. Una situazione da fine ottocento. Siamo balzati indietro di più d’un secolo. Il lavoro come sfruttamento umano ritorna qui di prorompente attualità. Come è possibile che nessuno abbia potuto far nulla? E si debba aspettare la morte per svegliare le coscienze? Un rogo, sette morti, due feriti gravi, tutti cinesi. Ma stamattina si riprende. Ancora, per cinquanta centesimi a vestito, senza mai vedere la luce del sole, lavorando per sedici ore al giorno, e poi dormire in reti con bacinelle accanto per orinare e colla per ingabbiare gli scarafaggi e tavole di truciolato per non far passare i topi che spaventano i bambini. Questo in Italia, a Prato. E noi? Che facciamo? Lasciamo che si consumi questo ignobile sfruttamento con i padroni del vapore che viaggiano in Porsche, alloggiano in lussuosi hotel, comprano palazzi del centro? E magari coi nostri imprenditori, gente seria e con buona famiglia, che si servono di questa tragica babele per mandare avanti le loro aziende? Senza farsene eccessivo scrupolo. Le autorità fanno appieno il loro dovere per prevenire, per reprimere l’illegalità, i movimenti politici, i sindacati si sono mossi, si muovono? Che in Italia, nella civilissima Prato, a due passi dal Duomo di Giotto, si consumi questa tragedia ottocentesca, sembra impossibile. Ma questo non ha qualcosa a che fare con una nobile parola che si chiama socialismo?