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Storia della prima Repubblica. Mai una crisi così…

Quando sosteniamo che non esiste un precedente storico analogo a quello che ha determinato la sostituzione di Letta, lo facciamo a ragion veduta. E questo non tanto per accusare Renzi di comportamento illecito. Ci mancherebbe. Dal punto di vista istituzionale resta il presidente della Repubblica titolato al mandato. Ma per amore di verità e per rispondere a chi ha perso la cultura della storia ribadisco che nella cosiddetta prima Repubblica mai si era verificato il caso di un partito che abbia deciso di sfiduciare il proprio presidente del Consiglio attraverso un suo organo politico

Ripassiamo la storia. Dopo il governo Bonomi, che cadde subito dopo la Liberazione, venne incaricato di presiedere il governo Ferruccio Parri, un esponente azionista che fu preferito a Pietro Nenni e che durò fino al dicembre del 1945. Lo sostituì il leader della Dc Alcide De Gasperi, che formò un governo con tutti i partiti democratici e traghettò il Paese fino alle elezioni per la Costituente. Dopo il 2 giugno, anche alla luce del successo della Dc, mentre i socialisti sopravanzavano i comunisti, De Gasperi compose il suo secondo governo con Dc, Psiup, Pci, Pri, che cadde con la scissione socialista del gennaio del 1947.

Nacque il terzo governo De Gasperi, composto solo da Dc, Psiup e Pci, mentre i saragattiani scelsero l’opposizione. Nel maggio De Gasperi scelse di cacciare i comunisti e con loro gli alleati socialisti e nacque un monocolore democristiano, il De Gasperi quater, che a dicembre si aprì all’apporto di Psli e Pri. Dopo il 18 aprile del 1948, che aveva segnato la vittoria della Dc, decretandone la maggioranza assoluta in una delle due camere e la netta sconfitta del Fronte popolare socialcomunista, De Gasperi forma il suo quinto governo che dura dal 1948 al 1950, in coalizione con Psli, Pri e Pli. Poi i liberali aprono la crisi e si forma un governo, il sesto di De Gasperi, senza di loro. Ma nel 1951, per favorire la unificazione del Psli col Psu di Romita, il partito di Saragat esce dal governo e nasce il settimo governo De Gasperi con una coalizione limitata a Dc e Pri, che arriva alle elezioni del 1953.

Non scatta la cosiddetta legge truffa, il centrismo entra in crisi politica, per l’apertura del Psi di Nenni, e anche numerica, per il risultato elettorale, e la Dc si trova ad oscillare tra l’apertura a sinistra vagheggiata dal nuovo segretario Fanfani e lo scivolamento a destra a cui la spingevano Scelba, Andreotti e più avanti Pella e Segni. Dopo l’ennesimo tentativo di De Gasperi, che forma il suo ottavo dicastero senza ottenere la fiducia, il mandato viene affidato da Einaudi a un suo seguace, Pella, che forma un governo tecnico democristiano composto da Dc e PRI. La fiducia risicata passa anche con l’apporto di una parte delle destre, ma Pella dura poco. La Dc preferisce un esecutivo politico, la Discussione definisce quello di Pella come un “governo amico”.

L’incomprensione ha fine con il tentativo di Fanfani, che non ottiene la fiducia, e poi con l’avvento di un ministero che recupera i socialdemocratici nel febbraio del 1954. Mario Scelba forma un governo con Psdi e Pri e con Saragat alla vice presidenza. Il governo dura fino al giugno del 1955 e si sgretola con l’elezione di Gronchi alla presidenza della Repubblica, avvenuta coi voti di Pci e Psi. Gronchi affida il mandato a Segni per tentare un approccio col Psi. Ma i tempi non sono maturi. E Segni non è l’uomo giusto.

Nasce un governo composto da Dc, Psdi e Pri, poi i socialdemocratici gli negano la fiducia due anni dopo. E nel maggio del 1957 viene incaricato Adone Zoli, a cui piovono addosso i voti, non solo del Pdium, ma anche  del Msi. Zoli rassegna le dimissioni che gli sono rifiutate. E governa l’Italia il tempo per le elezioni del 1958. Il Psi aveva intanto rotto col Pci e condannato l’invasione sovietica dell’Ungheria, invocando la riunificazione col Psdi, ma producendo una forte divaricazione interna. La nuova legislatura avrebbe potuto consentire subito un nuovo rapporto tra Dc e Psi, che si era rafforzato alle elezioni.

Invece i primi mesi prendono una piega diversa. Tenta Fanfani, che compone un governo con Dc e Psdi. Ma i franchi tiratori impediscono l’approvazione di una legge, il nuovo codice della strada, nel febbraio del 1959, e il governo cade. Doveva tentare Tambroni, uomo di fiducia di Gronchi, ma sappiamo come andò a finire. Il suo governo, nato coi voti determinanti del Msi, provoca un putiferio. Dopo i morti nelle piazze del luglio, Tambroni sceglie di dimettersi. E finalmente le prime aperture.

Nasce nell’estate del 1960 il governo delle convergenze parallele, presieduto da Fanfani, che ottiene l’astensione di Psi e Pdium. Poi, nel febbraio del 1962, la prima maggioranza di centro-sinistra, guidata da Fanfani, con un governo composto da Dc, Psdi e Pri e con l’astensione del solo Psi. È il governo della nazionalizzazione dell’energia elettrica, della scuola unica del l’obbligo, di tante altre riforme importanti. Poi le elezioni del 1963 che segnano un regresso del Psi e della Dc. Fanfani viene messo da parte e, dopo un governo balneare di Leone, a dicembre è Moro a presiedere il primo governo organico di centro-sinistra composto da Dc, Psi. Psdi e Pri, mentre a gennaio i dissidenti socialisti formano il Psiup.

Dal 1963 al 1968 il governo Moro conosce due crisi, la prima nel 1964, dopo l’approvazione di una legge di finanziamento alle scuole private, ma Moro ricostruisce subito il centro-sinistra, approfittando delle preoccupazioni di Nenni per la situazione democratica assai delicata, come più tardi si rivelerà con le notizie sull’affare Sifar, che coinvolgevano il presidente della repubblica Segni. Poi nel 1966 nuova crisi per la bocciatura del decreto sull’istituzione della scuola materna statale, ma è ancora nuovo governo Moro, il terzo, fino alle elezioni del 1968.

La legislatura 1968-1972 segna la crisi della formula di centro-sinistra, è caratterizzata dalla nuova scissione socialista del luglio del 1969, risente del clima di contestazione degli studenti e degli operai, della protesta per la recrudescenza della guerra in Vietnam, molto meno dell’invasione sovietica in Cecoslovacchia. Dopo il secondo governo balneare di Leone è la volta di Rumor che compone un governo di centro-sinistra che dura fino alla scissione socialista. Poi è Rumor due, un monocolore democristiano che arriva alla fine del 1969, quando inizia la strategia della tensione, col primo attentato, quello di Piazza Fontana.

Dal 1969 al marzo 1970 si ricostruisce il governo con Rumor, il suo terzo, che imbarca entrambi i partiti socialisti, poi cade per i contrasti tra i due, col Psi che intendeva coinvolgere in qualche forma il Pci. Viene incaricato Emilio Colombo. Il suo governo di centro-sinistra dura circa due anni, col Psi che elabora gli “equilibri più avanzati” e apre la strada alla svolta a destra. Nasce il primo governo Andreotti appoggiato dai liberali e dopo le elezioni del 1972, che segnano un marcato spostamento a destra dell’elettorato, si forma il secondo gabinetto Andreotti con Malagodi vice presidente. Cambia la maggioranza nel Psi col congresso di Genova del novembre 1972 e De Martino ritorna alla segreteria con Nenni alla presidenza. Si riapre la stagione del centro-sinistra con Rumor che compone in quadripartito che, nato nel luglio del 1973, arriva al marzo del 1974, scivola sulla buccia di banana repubblicana, viene rilanciato per pochi mesi, poi, su pressione socialista, ritorna Moro, si ipotizza un governo a due Dc-PSI, ma il governo alla fine è sì a due, ma Dc-Pri. Senza i socialdemocratici il Psi tira sospiri di sollievo. Ma non sufficienti per tirare avanti. Intanto, le elezioni amministrative e regionali del 1975 avevano sancito lo spostamento a sinistra netto dell’elettorato, dopo il referendum sul divorzio vinto il 12 maggio dell’anno precedente.

Si apre una nuova stagione, caratterizzata dalle bombe di Brescia e di Bologna, e dall’inizio delle azioni delle Bierre. De Martino reclama un governo di emergenza e si va alle elezioni anticipate. Le elezioni volute segnano la sconfitta di chi le aveva invocate, mentre le vincono il Pci e la Dc, che resta il primo partito. Non c’è altro da fare che tentare il governo di unità nazionale. Craxi subentra allo sconfitto De Martino a luglio e poco dopo Andreotti, l’uomo del centrodestra, viene indicato presidente di un governo aperto al Pci. Nasce il governo monocolore democristiano delle astensioni.

Poi, nel marzo del 1978, la mattina del rapimento di Aldo Moro e della strage della sua scorta, nasce la maggioranza di unità nazionale, col Pci che vota la fiducia al governo. Nel 1979 Berlinguer insiste: “O al governo o all’opposizione”. La  strada è quest’ultima e Andreotti forma un governo di minoranza. Le nuove elezioni del 1979 segnano un regresso del Pci, che abbandona il compromesso storico e sceglie l’alternativa. Cossiga forma due governi e col secondo, nella primavera del 1980, il Psi rientra nell’esecutivo. L’affare Donat Cattin, e l’ipotesi del coinvolgimento di Cossiga nella fuga del figlio terrorista del ministro, portano a un nuovo governo presieduto da Forlani. Sempre a partecipazione socialista. Poi lo scandalo P2 e la questione dell’alternativa laica a Palazzo Chigi, dopo che anche il Quirinale aveva conosciuto, con Pertini, l’elezione di un presidente socialista, accelera il passaggio a un presidente non democristiano. Arriva Spadolini nel giugno del 1981, si dimette nell’agosto del 1982, dopo la bocciatura della legge di bilancio, ritorna al timone fino alla fine dell’anno, cede dopo la famosa lite delle comari Andreatta-Formica e gli subentra Fanfani, per un governo a tempo. Poi Craxi spinge sull’acceleratore e si torna a votare. Dopo le elezioni del 1983, che pure avevano segnato un successo del Pri di Spadolini, Craxi forma il suo primo governo, il secondo nasce dopo la bocciatura di un decreto nel giugno del 1986, senza la partecipazione del Pri, che era già uscito dopo la vicenda dell’Achille Lauro e di Sigonella.

Dopo le elezioni del 1987, precedute da un breve interregno di Fanfani, a causa della staffetta richiesta dalla Dc, è la volta del giovane Giovanni Goria, che cade l’anno dopo per la bocciatura del bilancio. Poi è il segretario democristiano Ciriaco De Mita che presiede il solito governo pentapartito fino alla primavera del 1989, quando gli subentra Andreotti per volontà di Craxi. Andreotti attraversa lo storico ottantanove, convinto che i grandi rivolgimenti riguardino solo gli altri, e mentre cade il muro di Berlino e il Pci diventa Pds. Poi, dopo le elezioni del 1992, mentre la Lega nord sbarca a Roma con cinquanta deputati, è Giuliano Amato a formare un governo e gli succede Ciampi, l’anno dopo, per aprire al Pds. Si forma un governo anche con ministri ex comunisti poi, dopo il voto negato sull’autorizzazione a procedere per Craxi, si dimettono i ministri del Pds e dei Verdi. Quello di Ciampi che, mentre l’intero sistema politico italiano crolla sotto i colpi di Tangentopoli, forma ugualmente un governo per affrontare le elezioni del 1994 è l’ultimo esecutivo della cosiddetta Prima Repubblica. Quello di Renzi sarà l’ultimo della Seconda?