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La forma e il contenuto

Del discorso di Renzi al Senato balza in evidenza l’anomala forma, ma anche l’originale contenuto. Anche in letteratura l’una e l’altro sono difficilmente separabili. Nella storia della filosofia chi ha anteposto la prima, come i neoplatonici, chi la seconda come i materialisti. Resta il fatto che oggi siamo nell’epoca dei mezzi di comunicazione di massa e la forma viene spesso anteposta ai contenuti. Dunque di Renzi si parla perché ha messo le mani in tasca, perché ha parlato a braccio, perché ha usato un tono più da comizio che da discorso programmatico, perché ha litigato con Calderoli e coi Cinquestelle. È pur vero che nessuno prima di lui, con la sola eccezione della buonanima, aveva osato tanto in Parlamento. Con toni scanzonati, col cipiglio del conquistatore, senza avvertire la forte emozione per la solennità del luogo che pure il neo presidente del Consiglio ha voluto sottolineare in premessa. E addirittura augurandosi che quella richiesta fosse l’ultima fiducia del Senato. Una forma ai limiti della provocazione.

Fin qui è possibile che la forma sia stata studiata e preparata a tavolino. Si doveva marcare una diversità. Renzi o sa incarnare una svolta o finisce per essere recepito come uno dei tanti e le sue stravaganze, la più evidente è la modalità con la quale è salito a Palazzo Chigi, vengono facilmente assorbite dal sistema. La forma diventa invece piuttosto irritante quando prescinde dalle regole della grammatica e della sintassi. E poiché questo generalmente può avvenire quando si parla a braccio io trovo davvero sconveniente che sia stato consegnato alla Camera, per la prima volta, un discorso senza adeguata punteggiatura, con sostantivi e aggettivi oltremodo stantii e a volte financo infantili. Certo la tradizione a volte va rispettata, almeno quella della lingua italiana.

Passando invece al contenuto il discorso di Renzi è stato anche suggestivo. Certo i sogni non mancano. I sogni di Renzi messi in fila sono: il pagamento integrale dei debiti della pubblica amministrazione, già onorato per 47 miliardi e ancora da sanare per ben 44 miliardi, un taglio del dieci per cento del cuneo fiscale sul lavoro, che ammonterebbe, se riservato solo agli Under 40, a 27,5 miliardi, se esteso a tutti a 34-35 miliardi, un sussidio universale di disoccupazione che costerebbe circa 18 miliardi e un piano per l’edilizia scolastica non stimabile, ma non inferiore ai 3-4 miliardi. Il conto si attesterebbe oltre i cento miliardi di euro. Dove trovarli e come concepirli entro i parametri europei, che pure Renzi si è impegnato a modificare, ma non sappiamo con quale esito, appare complicato. Ecco perché inevitabilmente i suoi apprezzabili obiettivi si condensano tutto in una domanda. Ce la farà? Anche perché i sogni aiutano a vivere meglio, ma solo se poi, almeno parzialmente, diventano realtà.