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Matteo show

Non c’è che dire. Il Renzi televisivo funziona. Parla a raffica, promette il Paradiso, annuncia felicità. Pare l’epigono di un presidente del Consiglio che vive ad Arcore e l’analogia è stata ricordata oggi nel fresco articolo di Gianantonio Stella sul Corriere. Ma credo che Matteo possieda ancora maggiore spregiudicatezza ed energia. È un turbine in piena, un effluvio di parole pronunciate con forza e spirito di concretezza. Una magnifica macchina comunicativa, che riesce a parlare a tutti, e di tutto, con dati e ragionamenti conseguenti. A volte un po’ superficiali come nel conto dei miliardi: “Vespa, due miliardi? Facciamo uno, dai”, come se si trattasse di cioccolatini. E con la scommessa di andare al monte a piedi e di eliminare il Senato se no cambia mestiere e di mettere i soldi in tasca ai lavoratori il 27 maggio se no sarebbe un buffone.

I soldi in tasca, le mani in tasca, il ritornello è sempre quello. Le tasche come rimedio per ottenere maggiore consenso. E soprattutto l’idea che é la prima volta, nel secolo, nel millennio, nella storia, senza conoscerla, naturalmente. Quante volte i governi hanno favorito aumenti salariali, detrazioni, ritocchi alle pensioni sociali? E altro. Ma non importa, è sempre
la prima volta, la volta buona, la svoltabuona. Le slide sono fantastiche. Convincenti. Renzi è l’unico dal quale compreresti una macchina nuova, ma non usata. Ti lasci ammaliare, ma con innata diffidenza. Parla come un televenditore, più che come un uomo di governo. Se raccontasse anche qualche barzelletta l’equiparazione con quell’altro sarebbe completa. In lui prevale sempre la forma più dei contenuti. Prendiamo la riforma elettorale. É pessima, si vince col 37 per cento e ci sono ancora le liste bloccate. Eppure sta passando l’idea che sia una svolta anche questa. Entro febbraio. Pardon, marzo, verrà approvata. La velocità, le scadenze da mantenere impressionano più della cosa in sé.

Prendiamo i 10 miliardi per 10 milioni di italiani, o il fondo per non finire in fondo. Tutto è giocato come fosse lo slogan di un dentifricio. D’altronde così va il mondo. Nuovo Blair, come sostengono all’estero, o nuovo Berlusconi, come sostengono in tanti da noi? Ragioniamo sul lavoro. I dieci miliardi si potevano mettere per le aziende, e vincolarli a nuova occupazione. Io tolgo l’Irap se tu usi quei soldi per assumere giovani. Non sarebbe stato più giusto, più urgente? Certo, ma invisibile. Non c’erano le tasche. I soldi si vedono, anche perché nella busta paga ci sarà scritto che te li ha dati Renzi, altro che. E magari arriveranno nel giorno delle elezioni europee. Tutti annuiscono, tutti applaudono. Perfino l’acido Sallusti, mentre Vespa, sornione, pensa già al prossimo libro natalizio. Se il tema è: meglio mille euro in più a chi guadagna poco che nulla, la risposta è sì. Ci mancherebbe. Restiamo appesi a un’attesa mista a stupore. Il Matteo show, d’un circo popolato da giovani incravattati e belle ragazze, funzionerà? Noi ci auguriamo e gli auguriamo francamente di sì. Stavolta la crisi sarebbe un crollo. Non ci sarà un’altra volta? Così si lascia trasparire e Renzi diventa fortissimo, insostituibile. C’è sempre una soluzione diversa, nella storia. Mai nessuno è l’ultimo. E invece stavolta così sembra. Per questo Matteo show è lo spettacolo del momento e forse anche del futuro. E il pubblico, coi soldi in tasca, applaude.