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Che fare alle elezioni europee?

Se la direzione ha chiarito la posizione del Psi sulla questione della legge elettorale, non è ancora chiaro quale sarà il modo col quale il Psi affronterà le elezioni europee che si svolgeranno tra poco più di due mesi. Se ne dovrà occupare il Consiglio nazionale di sabato prossimo. Sull’argomento vorrei esprimere qualche opinione. La novità dell’adesione del Pd di Renzi al Partito del socialismo europeo non può essere trascurata. Se questo era l’unico argomento polemico nei confronti del Pd, allora si dovrebbe ammettere che non sussistono più distinzioni di fondo e trarne le logiche conseguenze. Personalmente mi sono sforzato di proporre per il Psi, direi piuttosto isolato, dopo le elezioni politiche, ma in realtà da sempre, il problema di una identità liberalsocialista, che lanciava al Pd non solo la sfida sulla questione del socialismo europeo, che peraltro il Pds, poi Diesse, aveva risolto senza per questo che fosse stato sciolto un partito, anzi più partiti, di tradizione socialista italiana. Ci sono fondamentali valori che attengono alla democrazia, vedasi appunto questa legge elettorale immonda, e che si riferiscono ai diritti civili, alla laicità, alla giustizia, che ci vedono ancora su sponde diverse. È vero che il Pd di Renzi pare voglia accentuare la sensibilità del partito anche sui temi cosiddetti etici, e se l’uomo nuovo, così decantato da destra ancor più che da sinistra, cancellerà anche questa differenza ne prederemo atto. Certo la comune adesione al socialismo europeo e la reciproca indicazione di Martin Schulz alla presidenza della Commissione impone una seria riflessione sulla scelta da compiere. Se il Pd fosse disponibile a formare una lista del socialismo europeo senza presentare il suo simbolo credo che dovremmo accettare di unire le forze o meglio una forza e una debolezza, per essere realisti. Esistono le preferenze, certo. E una lista comune, tra un elefante e una zanzara, offre scarsi margini di successo per quest’ultima. Dovrebbe saper pungere oltre l’immaginabile. Diciamo che potremmo concorrere e molto difficilmente arrivare. L’alternativa è partire subito a preparare una lista del Psi, magari allargata a non saprei chi, ma, se fossero disponibili, ad esempio ai compagni di Sel che non vogliono appoggiare Tsipras. Sarebbe un’idea tutt’altro che peregrina. Esiste il problema delle firme e non si tratta di questione irrilevante per noi. Bisognerebbe chiarire una volta per tutte se per presentare una lista basta l’esistenza di un gruppo parlamentare, come quello di Socialisti e Autonomie al Senato, per esserne esonerati. Certo se è complicato eleggere in una lista col Pd con le preferenze, è forse ancor più complicato raggiungere la soglia minima del 4 per cento per ottenere deputati europei con una nostra lista. Aspettare che il tribunale di Napoli si pronunci sul nuovo ricorso presentato, tra gli altri, dal nostro bravo Besostri, mi pare utopistico. Siamo chiamati a compiere una scelta tra pochissimi giorni, non rinviabile, e non conosciamo ancora queste due variabili (l’atteggiamento del Pd sul simbolo da presentare e la necessità o meno di raccogliere le firme per presentare una lista nostra) correndo purtroppo il rischio, com’é accaduto in occasione delle elezioni politiche che, decidendo all’ultimo momento, si debba mangiare qualsiasi minestra per non saltare dalla finestra.