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Tra Schroeder e Renzi

Leonardo Scimmi ci riporta al tema centrale della discussione sulla crisi e porta a paragone l’esempio della Germania. Il pacchetto di riforme introdotto dal socialdemocratico Gerald Schroeder costituì la spinta per la ripresa di un paese ridotto in una difficile condizione economica e sociale dopo il ventennio post unificatorio. Per tutti gli analisti ne fu la condizione fondamentale. Nel 2003 la Germania contava 5 milioni di disoccupati e un progressivo preoccupante impoverimento generale. Al governo c’era una coalizione di sinistra formata da Spd e Verdi, presieduta al leader della socialdemocrazia tedesca Schroeder. Quest’ultimo prese il coraggio a due mani e con la consulenza di Peter Hartz, allora capo del personale della Wolkswagen, formulò proposte innovative, coraggiose e che si rivelarono adeguate.Il progetto, definito poi Agenda 2010, finì per costituire una vera e propria riscrittura del Welfare. Che questo sia avvenuto su impulso della sinistra testimonia peraltro la particolarità della patria di Bad Godemberg. Disse Schroeder al Bundestag il 14 marzo del 2003: “Ridurremo le prestazioni dello Stato, promuoveremo la responsabilità individuale, ed esigeremo un maggior contributo da parte di ognuno”. Il suo governo, anche i Verdi di Fischer furono della partita, volle introdurre novità importanti anche se tutt’altro che popolari, come la diminuzione delle indennità di disoccupazione, i tagli dei contributi sanitari per le malattie, una maggiore flessibilità per i lavoratori assunti nei primi quattro anni dalle nuove imprese, assieme ad altri quali una minore pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro, fissando anche tetti massimi al prelievo del 42 per cento rispetto al precedente 53.

Dunque i principi della sua Agenda 2010 erano: minore pressione fiscale, maggiore flessibilità del lavoro, minore spesa sociale. Questi tre capisaldi avevano qualcosa in comune con la filosofia della sinistra, compresa quella socialdemocratica? Già Tony Blair in Inghilterra e Bettino Craxi in Italia avevano rotto i vecchi schemi. Se il problema di fondo è la ripresa, in nome del vecchio e sempre attuale principio dell’equità, bisogna rimuovere tutti gli ostacoli che la impediscano. Senza sviluppo non esiste occupazione e senza occupazione non può esistere equità. Il problema del nostro tempo non è la tosatura della pecora, è la sopravvivenza della pecora e la sua naturale evoluzione, perché possa essere tosata. Questo Schroeder, ma anche Blair e Craxi, avevano capito.

Il capo dell’Spd dovette affrontare scontri durissimi con la sinistra socialdemocratica e col sindacato e finì per perdere tutte le elezioni regionali, per convocare nuove elezioni politiche e per perdere anche quelle. Ma egli rimane oggi nella storia per avere recato il contributo più elevato allo sviluppo economico e sociale del suo paese. Oggi la Germania è una nazione che, non solo ha superato la sua crisi, ma è divenuta una delle economie più forti del mondo. Mi auguro che il Jobs Act, del quale condivido pienamente la filosofia, possa portare altrettanti benefici all’Italia e mi auguro naturalmente che Renzi, contrariamente a Schroeder, le elezioni le vinca. Anche se a volte è meglio scontrarsi con l’opinione generale, aver torto subito, ma ragione dopo. Ciò che conta è la lungimiranza che alla fine la vince. E’ questo anche il parere del nostro presidente del Consiglio?