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Tra Matteo e Susanna la ragione chi ce l’ha?

Diciamo la verità. Il congresso della Cgil si sta trasformando in un processo al governo e in particolare a Matteo Renzi. Dico subito quel che di Renzi mi piace nel suo braccio di ferro col sindacato. Innanzitutto l’idea che il governo decida senza tenere presente i veti sindacali. Davvero non se ne può più di un sindacato che non comprende che il problema di fondo dell’Italia non è il suo potere, ma la sorte dei lavoratori, e ancor più quella di chi il lavoro non ce l’ha. Giustamente Angeletti, leader della UIL, ha parlato del lavoro come della democrazia da riconquistare col 25 aprile.
Allora se l’emergenza è il lavoro bisogna che anche il sindacato accetti tutte le proposte, forse nemmeno le più esaltanti, per favorirlo. Dunque bene il decreto ministeriale che modifica le normative, troppo rigide della Fornero. Anche su questo Renzi ha ragione. Se il lavoro non c’è bisogna creare in sistema che lo permetta. Non saremo proprio noi socialisti a valutare lo statuto dei lavoratori, approvato nel 1970, come causa dei mali, ma noi siamo certamente noi a considerare una normativa di quarantaquattro anni fa come un dogma. L’ispirazione che più mi ha convinto nel corso di questi anni di ricerca, spesso affannosa, di soluzioni è quella di ancorare la necessaria flessibilità del lavoro a una serie di garanzie.

Diciamo che si tratta sia della risposta dei socialisti europei che hanno lanciato la Flex sicurity alla conferenza di Lisbona, sia dei punti cardine del progetto Schroeder di Agenda 2010, sia delle elaborazioni a cui era arrivato il nostro Marco Biagi e che sono state rilanciate da Pietro Ichino. Il problema non è oggi, in un mercato del lavoro che é in costante movimento per fronteggiare la crisi, la garanzia della stabilità di uno specifico lavoro, ma la garanzia del lavoro. Il concetto non è nuovo ma è ineludibile e volere tornare ad antiche certezze significa tenere la testa voltata all’indietro. Bisogna favorire il lavoro, bisogna garantire i lavoratori di un sistema i protezioni, bisogna anche pagarli di più. Anche su questo le soluzioni dei contratti aziendali non sempre sono state apprezzate, anzi, in virtù della perdita di potere sindacale, sono spesso state avversate.
Questo il sindacato, ma sarebbe meglio dire la Cgil, fatica a comprendere e su questo Matteo ha ragione. Dove invece ha ragione Susanna è sul metodo. Un conto è non concertare, altro è non dialogare. E vantarsene. Renzi ha fatto male, l’ho già scritto, a non andare al congresso. Avrebbe preso fischi, come li presero Craxi e De Michelis durante la campagna referendaria del 1985. Ma i fischi non sono il male assoluto. Anzi, si può essere fischiati e poi vincere. Dove la nuova nomenclatura renziana dovrebbe fare passi avanti è nel rapporto con la logica democratica. Anche su questo, senza drammatizzare, Susanna qualche ragione ce l’ha. Mica tutti quelli che non sono d’accordo con loro sono contro il rinnovamento, sono schiavi della conservazione, sono nemici da battere. Un po’ più di profondità, ha ragione Veltroni, non guasterebbe. Un po’ troppi twitter, un po’ troppi slogan calcistici, un po’ troppi piciernismi. La via è luminosa, dicevano i cinesi, il cammino è a zig zag. Imparino i renziani a zigzagare. Perché è difficile. Ma utile.