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Per colpa di chi?

Riprendo una vecchia canzone del mio concittadino Zucchero. Anche perché si tratta di una domanda che nessuno si rivolge e la cui risposta in molti danno per scontata. Se la situazione economica italiana è questa la colpa è del debito e il debito l’ha accumulato la cosiddetta Prima repubblica. Una repubblica di spendaccioni che dilatando a dismisura la spesa pubblica si comprava anche il voto degli italiani. Espongo tutti i dati comparativi dell’economia italiana, non negando certo che negli anni ottanta si è verificato un aumento del debito pubblico assai consistente.

Veniamo ai dati generali, risultato politico dei governi e anche di una andamento generale dell’economia che ai governi non può essere addebitato nel male come nel bene. Prendiamo quello dell’inflazione. Nel 1980 l’inflazione in Italia era impazzita e si mangiava stipendi e pensioni. Se avessimo condotto anche un’offensiva per ridurre il debito l’Italia, che conosceva anche il fenomeno del terrorismo con omicidi quotidiani, non avrebbe tenuto, col Pci e il maggior sindacato che si opposero anche al solo ridimensionamento di alcuni punti di scala mobile. L’inflazione nel 1980 era al 21,80 per cento. Durante i governi Craxi scese, sia per la ripresa economica internazionale, sia per il patto sociale e il decreto di San Valentino, al 4,72 del 1987. Risultato clamoroso.

Prendiamo il dato del prodotto interno lordo. Il Pil italiano che era lo 0,41 per cento nel 1982, arrivò al 3,19 nel 1987 e al 4,19 nel 1988. Negli anni che vanno dal 1999 al 2014 il Pil della Germania è cresciuto del 21,3 per cento, quello della Finlandia del 20,3, quello dell’area Euro del 10,7, quello dei Paesi bassi del 10, quello della Francia del 9,3, perfino quello della Spagna dell’8,7, della Grecia del 2,7 e del Portogallo dello 0,8. Solo Italia ha un saldo negativo, meno 3 per cento. Anche il primo trimestre del 2014 propone un saldo ancora negativo, dello 0,1, mentre l’Istat prevede per il trimestre maggio-giugno, non ancora verificato, un timidissimo segno più, tra lo 0,1 e lo 0,4.

La disoccupazione restò attorno al 7-8 per cento tra il 1984 e il 1987 per arrivare al 9 solo nel 1987. Oggi la disoccupazione italiana è in percentuale la terza più alta d’Europa, solo sopravanzata da Grecia e Spagna. A febbraio 2014 è salita ancora superando il 13 per cento , mentre quella giovanile è arrivata al 42,3 per cento. Il debito in rapporto al Pil salì dal 56,08 del 1980 al 69,40 del 1983 all’89,11 del 1987. Complessivamente dunque i governi di pentapartito hanno raddoppiato il debito in rapporto al Pil (dal 56 del 1980 al 105 del 1993). Si può dire che questo sia in effetti il tallone d’Achille degli anni ottanta. Ma con tutti gli altri segni: inflazione, sviluppo, occupazione, estremamente positivi.

Il debito poi non è prerogativa dei nostri giorni. Nella sua evoluzione storica troviamo anche dati più allarmanti. Pensiamo che l’operazione Unità d’Italia si portò subito dopo, nello stesso 1861, un debito del 45 per cento, che avanzò fino al 114 del 1883. Nel primo dopoguerra il debito schizzò spaventosamente in alto (135 nel 1919 e addirittura 160,5 nel 1920). Nel secondo dopoguerra dal 1946 al 1972 restò tra il 40 e il 36, e sfondò il 50 solo nel 1980.

Vorrei svolgere una considerazione politica conclusiva. Se il debito in rapporto al Pil è l’unica voce negativa degli anni ottanta, mentre tutte e tre (comprese sviluppo e disoccupazione, l’inflazione non è più un problema e anzi forse lo è all’incontrario) sono negative per i governi di questo ventennio, occorre anche sottolineare che il fenomeno della spesa pubblica, in particolare sanitaria, con l’istituzione del servizio sanitario nazionale, e l’aumento delle pensioni e la diminuzione dell’età pensionabile, hanno rappresentato obiettivi di tutta la sinistra e del movimento sindacale. Voglio affermare senza tema di smentita che qualsiasi manovra di ridimensionamento del debito sarebbe stata salutata da scioperi generali e da mobilitazioni del Pci di Berlinguer contro il governo “pericoloso”. E alla luce di quanto è accaduto da Maastricht in avanti probabilmente la Dc e il Psi avrebbero dovuto accettare la sfida per non sentirsi poi rimproverati, dagli stessi che ieri l’avrebbero contestata, di non averla saputa fronteggiare. Ma si sa, la storia non si fa coi se. Ma senza i se, diceva giustamente il mio amico Martelli, la storia non si riesce a capirla.