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Israele ragiona

14 Luglio 2014 1.447 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Diciamo la verità. Di ragioni Israele ne ha. Facciamo l’elenco. È subissata di razzi che vengono lanciati da Gaza sulla popolazione, con il chiaro intento di fare strage di civili e che solo la tecnologia israeliana attraverso il sistema Iron Dome riesce a neutralizzare, mentre i suoi bombardamenti si prefiggono solo obiettivi militari, anzi sono preceduti dall’invito alla popolazione di lasciare le case attigue. Il governo israeliano ha condannato la doppia azione terroristica, che è costata la vita ai tre ragazzi israeliani e al ragazzo palestinese, mentre Hamas non ha fatto altrettanto. É vero, i bombardamenti israliani colpiscono anche i civili e i cosiddetti danni collaterali sono drammi umani. Hamas ha invitato però i propri cittadini a fare da scudo umano, sacrificando la vita, per divenire martiri e considerando dunque la strage di civili come un obiettivo politico.

Israele ha tentato più volte un dialogo anche con Hamas, ma quest’ultima continua a considerare suo obiettivo la distruzione di Israele, non riconoscendone il diritto all’esistenza, contrariamente a quanto avvenuto con Al Fatà, prima attraverso Arafat e oggi con l’autorità palestinese Abu Mazen. Resta il fatto che Gaza è una striscia di terra in cui sono ammassate centinaia di migliaia di palestinesi, che vivono senza regole, disordinatamente e solo unite dall’odio verso Israele e che hanno affidato il loro destino proprio a un’organizzazione estremistica. Da qui bisogna partire per trovare una soluzione al dramma mediorientale. Da anni si sostiene la giusta teoria dei due popoli e due stati. Cosa si è fatto finora?

Perché non è proseguito e non si è completato l’esodo, iniziato con Sharon, dei coloni israeliani dalla Cisgiordania, dove non comanda Hamas e dove Abu Mazen non riesce a governare? Un’azione di terra di Israele è legittima, ma non risolutiva. Quali i costi umani da una parte e dall’altra? L’azione di terra proprio perché più selettiva può essere anche meno tragica dei bombardamenti che finiscono per ammazzare anche civili innocenti, ma a cosa può portare? Secondo un analista israeliano, Joshua Kalman un’invasione su largo raggio “non è realistica. L’obiettivo di eliminare Hamas, rioccupando la striscia, darebbe il via a un corollario di attentati e di perdite di vite insostenibile”.

L’unica via sarebbe quella di creare “un territorio libero da missili, con una garanzia internazionale, magari degli Stati Uniti. Israele potrebbe offrire a Gaza un aiuto di 50 miliardi di dollari in cinque anni”. Israele avrebbe proposto come mediatore il Katar. Questa è la via giusta. E sappiamo che non tutte le giuste soluzioni, come sembrava a tutta la comunità internazionale la proposta di Camp David del 2000-2001 rivolta ad Arafat, viene accettata dai palestinesi, dove spesso prevale l’istinto religioso ed estremo, unita alla volontà di non porre mai fine al conflitto. Ma se anche Papa Francesco, Barak Obama, l’Onu, i paesi arabi, lo stesso Abu Mazen, e non accenno all’inesistente Europa, si impegnano in questa direzione la crisi può essere risolta. Adesso non servono più soluzioni tampone. Serve una soluzione globale e definitiva.

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