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Mille giorni di te e di me

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo la diffusione dei dati Istat sul secondo trimestre italiano, ha subito inviato una lettera ai parlamentari della maggioranza. In essa Renzi prende atto, senza sminuirne il significato, del meno 0,2 che ha caratterizzato il Pil italiano nel secondo trimestre e, come nel suo costume, ha rilanciato proponendo dieci obiettivi da raggiungere nei prossimi mille giorni. Tre anni di riforme per un’Italia che diventi risorsa e non “problema dell’Europa”. Il decalogo renziano è noto. Più difficile è comprendere la divisione tra riforme politiche e amministrative, come se anche queste ultime non avessero spessore politico. Anzi, di più.

Sono infatti concentrate sulle seconde cinque (tra le prime svettano la riforma costituzionale ed elettorale) la riforma del mercato del lavoro (coi buoni frutti, si parla di centomila occupati tra maggio e giugno, del decreto Poletti), quella della Pubblica amministrazione (al decreto Madia approvato con doppia fiducia da Camera e Senato si aggiungerà un apposito disegno di legge), il fisco (ma su questo punto si ricordano solo le insufficienze degli ottanta euro e del taglio del dieci per cento dell’Irap), la giustizia (siamo ai preliminari e i socialisti dovranno insistere su separazione delle carriere e responsabilità civile) e viene riannunciato lo Sblocca Italia (si dovrebbero mettere in gioco le risorse bloccate dalla pubblica amministrazione).

Bene, ma restiamo molto preoccupati. Non solo perché se la depressione italiana continuerà anche nel secondo semestre il governo dovrà per forza rifare i conti, ma perché l’Italia sarà costretta a vedere ancora aumentato il suo debito e dovrà necessariamente pagare più interessi. Altro che spazio agli investimenti e nuova flessibilità europea. Non esistono ricette magiche. Ed è pur vero che la crisi ha radici profonde e anche origini internazionali, oggi certo influenzata anche dalla vicenda Ucraina e dalle decisioni di blocco delle importazione della Russia, che penalizzano in particolar modo l’Italia.

Eppure c’è chi si muove e chi sta fermo. La Spagna, ad esempio, ha visto crescere il suo Pil nel primo trimestre del 2014 (non sono ancora diffusi i dati sul secondo) dello 0,4. E stava peggio di noi. Anche la Grecia si è mossa nonostante il suo debito sia addirittura superiore al nostro. E il turismo, che in Italia è in crisi, nelle penisola iberica e nella patria della filosofia è in netto aumento, soprattutto quello che previene dall’estero. Qualcosa dunque, e non poca cosa, dipende anche da noi. E da quel punto ancora non bene precisato nei mille giorni di Renzi che si riferisce al fisco.

Il fisco, i tagli alla spesa e l’Europa sono ancora nebulose imprecisate. È evidente che occorra far presto. Dubito che un Senato dove pulluleranno consiglieri regionali e che avrà qualche potere in materia di bilancio, permetterà tagli radicali alla spesa sanitaria delle regioni, dubito che quel fortino dell’evasione sarà davvero espugnato, senza un ulteriore scompenso della vita degli italiani che se la cavano, dubito che l’Europa ci consentirà ampie manovre sugli investimenti. Però la fiducia di Renzi mi contagia. Le sue parole che restano tutte impregnate di ottimismo fanno sperare che i mille giorni non siano come i cento di Napoleone, ma piuttosto come i mille di Baglioni nella sua famosa canzone che ben si adatta al renzismo nostrano. Mille giorni di te e di me. Abbiamo un presidente del Consiglio che assomiglia al leopardiano venditore di almanacchi. Il secondo semestre sarà migliore