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Mettete dei fiori nei vostri cannoni?

Forse qualcuno se la ricorda. Era il titolo di una canzone dei Giganti al festival di Sanremo del 1967, quello funestato dal tragico suicidio di Luigi Tenco. Qualcuno pensa ancora che si possa combattere una guerra coi fiori? È quanto più o meno che sostengono i pentastellati (dispiace che anche Sel si sia schierata contro) a proposito delll’avanzata dei terroristi islamici in Iraq. Ha ragione il papa. Vanno fermati. Ma come si fermano i terroristi che avanzano trucidando civili, stuprando donne, tagliando teste? C’è un altro modo di fermarli che non sia quello delle armi, delle bombe, delle mitragliatrici?

Nessuna persona normale può pensare di non intervenire per bloccare questa orda barbarica che ci riporta al Medioevo quando si bruciavano gli infedeli in un teatrale autodafè, ma nessuna persona normale può pensare di fermare i barbari se non con la forza. Dunque ha fatto bene il Parlamento italiano ad approvare la proposta del governo di inviare armi ai combattenti peshmerga kurdi che stanno difendendosi dai fanatici e sanguinari fautori di un futuro progettato califfato tra Siria e Iraq. È una guerra, questa, da combattere prima che sia tardi. Prima che anche il kurdistan, il ricco e petrolifero kurdistan, cada nelle mani degli eserciti di Al Bagdadi.

È una guerra da vincere innanzitutto con le armi. Ma non solo. La feroce decapitazione del giornalista americano James Fooley da parte di un lugubre e misterioso aguzzìno di lingua inglese, e con accento londinese, ci riporta a un altro grande problema, oltre alla trucida immagine di una scena che purtroppo abbiamo già visto consumarsi nei confronti di nostri connazionali. E cioè alla fatale attrazione che l’islamismo più estremo suscita in generazioni di giovani di fede musulmana che vivono in occidente e alle collusioni e colpevoli omissioni e silenzi delle realtà in cui questi giovani si trovano e dalle quali partono per arruolarsi nelle legioni terroristiche. Si parla di moltissimi casi, soprattutto, ma non solo, in Inghilterra. Che fanno i servizi segreti? Che fanno le famiglie? Che fanno, soprattutto, gli amici, i colleghi, i fedeli della loro stessa comunità? Possibile che nessuno intervenga, che nessuno denunci, che nessuno parli? Anche questa assurda assenza è corresponsabilità.

E’ evidente che questo conflitto non riguarda dunque solo il territorio dove lo si combatte. Ma l’Europa tutta, l’America, il mondo. L’Italia in particolare perché, oltre ad essere uno dei paesi che invia armi, svolge le funzioni di presiedere il Consiglio europeo. E soprattutto perché, non possiamo certo dimenticarcelo, nelle mani dei terroristi ci sono anche due ragazze e un prete italiani. Occorre dunque che il mondo civile, democratico, di cultura liberale, ma anche il mondo arabo minacciato da questi fanatici assassini, si attrezzi a questa nuova prova. Appoggiando la resistenza dei curdi e degli eserciti del nuovo presidente iracheno Al Abadi, che ha sostituito l’inetto Al Maliki, magari formando una coalizione, come raccomanda oggi Sergio Romano, come quella che sconfisse Saddam in Kuwait. Ma anche predisponendo una rete di intelligence molto efficace in tutti i territori e moltiplicando tutti i sistemi di sicurezza per prevenire attentati e azioni criminali. L’Isis si sconfigge con le armi, ma anche con l’unità e l’intraprendenza.