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Duecento terroristi italiani, cinquanta agenti?

Non c’è da dormire sonni tranquilli. Quella che il pontefice, il solo che abbia finora avvertito la pericolosità della situazione, ha definito “la terza guerra mondiale, sia pur segmentata”, adesso è esplosa. Ha ragione sul Corriere Franco Venturini a sottolineare che l’Occidente, e in particolare l’Europa, sembrano fermi al tempo della caduta del muro di Berlino. Oggi possiamo tranquillamente affermare che la pace è più a rischio di allora, che le guerre locali sono molto più numerose, che dopo la fine del bipolarismo, non è affatto emerso né un nuovo pluralismo, né un decantato monopolismo.

La contrapposizione Usa-Urss era in condizione di guidare e spesso controllare le tensioni nei due campi, che oggi si scatenano senza alcun freno inibitorio e accentuando e perfino esaltando le singole vocazioni egemoniche. Un nuovo pluralismo avrebbe dovuto comportare un più unitario e attivo ruolo dell’Onu e della stessa Europa, ma mentre l’Onu è prigioniera dei veti e della mancanza di un vero e proprio esercito, l’Europa continua a latitare. Così gli Usa si sono anche stancati di assurgere al ruolo di poliziotti del mondo per essere poi anche attaccati per questo ruolo e con Obama evitano interventi diretti. Dichiarano, accusano, lanciano ultimatum che poi si trasformano in penultimatum e poi svaniscono come sabbia nel vento del deserto.

Così oggi sul tappeto è la guerra di religione e di civiltà tra gli estremisti islamici, che intendono per jihad coranica la guerra di supremazia della loro fede su tutte le altre e con l’Isis, contrariamente ad Al Qaeda, che giostrava sotto traccia, hanno apertamente individuato un terreno di lotta e richiamato da tutto il mondo i fedeli alla battaglia, e la civiltà democratica, liberale, del rispetto e della tolleranza di tutte le idee e religioni. Ho letto che dall’Italia sarebbero partiti addirittura in duecento jidaisti e che si muovono nel nostro paese cinquanta agenti reclutatori e disposti a tutto. Il rischio di una importazione del conflitto è alto. Già abbiamo conosciuto l’epoca di attentati tuttora indecifrabili e con dubbia matrice politica. Qualcuno sostiene che non sempre siamo stati protetti da quella sorta di patto che Moro e Andreotti avrebbero contratto col terrorismo arabo.

Quello che servirebbe oggi è un Onu, che non c’è militarmente, ma che politicamente potrebbe essere propulsore di una grande alleanza militare dei paesi democratici e dei paesi arabi che si sentono colpiti dall’avanzata dell’Isis, sì compreso quell’Iran sciita fino a poco fa giudicato il pericolo numero uno. Poi gli Usa dovrebbero chiarire una volta per tutte il ruolo dell’Arabia saudita che, fino a poco fa filoamericana, adesso pare addirittura coinvolta se non altro finanziariamente nell’impresa jidaista. In Italia occorre la massima vigilanza. Come ai tempi degli attentati, e forse anche di più. Il nostro Paese è il primo dei paesi europei che s’affacciano dinnanzi al mondo arabo mussulmano. È sede del Vaticano, presiede il Consiglio europeo, ha deciso di inviare armi ai curdi. Alziamo la guardia prima che sia tardi.