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La Leopolda e la Susanna

26 Ottobre 2014 1.078 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Oggi si incrociano due mondi. Quello del governo e quello dell’opposizione? Quello del futuro e quello del passato? Quello delle riforme e quello della conservazione? Quello dello spettacolo e del web e quello del lavoro vero? Un po’ tutto questo. Da un lato la Leopolda, quinta rassegna di Renzilandia, dall’altro la Susanna, con Landini e il regno di Piazza San Giovanni. Gli uni sostengono che l’Italia va male per colpa di quelli che li hanno preceduti e che loro la stanno cambiando, gli altri sostengono che l’Italia va male anche per colpa di quelli che governano da un anno e non hanno trovato nulla di meglio che modificare ancora l’articolo 18, già modificato dalla Fornero.

Io che non sono leopoldista, per età, per formazione culturale e politica. Che non sono mai salito su un palco con un pallone anche se sono appassionato di calcio, che apprezzo le belle donne, ma divido tra bellezza e capacità politica, che non capisco come si riesca a discutere in cento tavoli incollati con migliaia di persone che urlano, non sarò a Piazza San Giovanni e sconsiglio i socialisti di recarsi in quella piazza che in tante occasioni ci siamo ritrovati contro. La piazza dei no e dei giù le mani. Giù le mani della scala mobile, giù le mani dall’articolo 18, giù le mani dalla Costituzione. E via giù le mani proclamando. La piazze dei veti e dei pullman organizzati e pagati dal sindacato, con pranzo annesso. Sono ormai troppo esperto per non sapere come si fa a riempire le piazze. Saranno due milioni, tre, quattro, cinquecentomila? I dati della Questura diranno meno. La solita storia…

Io andrei volentieri invece ad una manifestazione dei disoccupati e dei giovani, non degli iscritti al sindacato che un lavoro ce l’hanno o ce l’avevano. Perché questi sì, hanno ragione. E ci aggiungo anche i precari. E tutti quelli che non protestano per l’articolo 18, ma perché non hanno un lavoro per campare e per costruirsi un futuro. Per loro qualcosa questo governo sta finalmente facendo e bisogna pure prenderne atto. Vedremo alla fine del braccio di ferro con l’Europa come sarà la nostra legge di stabilità. Però se resteranno i diciotto miliardi di detassazione, il miliardo e mezzo per gli ammortizzatori sociali, da estendere anche a quelli che non hanno mai avuto nulla, se verrà agganciato Il treno degli investimenti pubblici grazie anche alle promesse di Junker, perché dovremmo contestare? Lo vogliamo fare per la delocalizzazione di talune aziende? Su questo il governo deve agire subito, ma siamo nella globalizzazione e se non costruiamo le condizioni per le quali investire in Italia sia conveniente è inutile strombazzare.

Più che alla Leopolda e alla Susanna andrei ad una grande manifestazione per il lavoro. Magari da svolgere in una città del Sud dove i giovani disoccupati sono la maggioranza. E chiederei al governo un impegno ancora maggiore per combattere questo grave male. Direi che va bene la detassazione per i nuovi occupati, ma direi anche che serve un piano per il lavoro fondato soprattutto sul rilancio degli investimenti pubblici, come ha fatto Hollande, magari tirando anche di più il filo che ci tiene ancora avvinti ai soliti burocrati europei, che giustamente Renzi ha inteso sfidare. Perché senza lavoro anche la detassazione rischia, come gli ottanta euro, di non farci progredire. Ma oggi sarà il giorno degli slogan. Da un lato il grido del cambiamento in atto, dall’altro quello della protesta per il cambiamento sbagliato. È la prima volta che il sindacato della sinistra sfida apertamente un governo a guida di sinistra, socialista europeo, diciamo. In questa originalità sta forse l’elemento più genuino della sfida tra Leopolda e Susanna. Quello sui contenuti. Io sono, pur con tutte le riserve, più convinto di quelli del governo.

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