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Una commedia. Si usa Grillo per spaventare Berlusconi

Adesso il tema della riforma elettorale rischia di diventare una commedia alla Eduardo dove nel finale c’è sempre una sorpresa. Gli attori sono sostanzialmente loro tre, Renzi, protagonista assoluto, con alla destra Berlusconi, nel ruolo di moglie, con Verdini in quello di sua intraprendente cameriera, e alla sua sinistra Grillo, con Di Maio in quello di vispo aiutante alla Leporello, nel ruolo della possibile amante. Renzi minaccia Berlusconi di tradirlo con Grillo se non lo accontenta. Sa benissimo che la vita con l’amante sarebbe problematica, e che un conto è il ruolo dell’amante altro quello della moglie. Grillo, più Di Maio per la verità, sembra cascarci. Magari è convinto davvero di arrivare a nozze. L’altro glielo ha anche ventilato. Ma non sembra che le cose stiano così. Il giovin signor fiorentino deve far capire a Berlusconi che non può rimanere in surplace. E soprattutto in astinenza. Gliela dia, parliamo di disponibilità a fare l’intesa sull’Italicum modificato. Altrimenti Renzi, che non può continuare ad andare in bianco, lo tradirà.

Immaginare un Berlusconi reticente è difficile. Ma il cavaliere per la prima volta pare avere numerosi problemi interni, a cominciare da quel Fitto, ancor giovane rampante cavallo di razza pugliese, figlio di un notabile democristiano. Che si è stancato di essere superato nella gerarchia interna dai vari Alfano, Foti, Verdini. Insomma Fitto si aspettava che prima o poi Berlusconi gli affidasse la guida di Forza Italia e lo battezzasse come suo delfino. Siccome così almeno per ora non è l’aspirante delfino si comporta da barracuda. Aggrega consensi, mette in difficoltà il capo, lo insolentisce perché schiavo di Renzi e giù ancora battute ancor più pepate sulla sua tenuta mentale. Renzi, che ha domato i suoi con colpi di frusta, non può aspettare che Berlusconi si svegli dal suo torpore, dalle sue paure, dalle sue incertezze.

Dov’è finito il Berlusconi renziano, che decideva da un predellino della macchina il futuro del suo partito? Così Renzi si volge altrove. E pensa a Grillo. Prima gli fa il grazioso omaggio di eleggere uno dei Cinque stele al Csm, e i figli di Grillo ricambiano votando un renziano alla Corte, mentre i berlusconiani continuano a impallinarsi da soli. Poi strizza l’occhio anche sull’Italicum. In fondo il premio alla lista e le preferenze non erano proposte grilline? Ma è davvero pensabile che Renzi si leghi a Di Maio, dopo essersi slegato dal cavaliere? E soprattutto è pensabile che l’uomo di Arcore si lasci scappare Renzi dopo avere concordato con lui un tragitto di così levato rilievo? Ecco perché siamo nel pieno della commedia. Ti faccio ingelosire così accetti le mie condizioni. Ma l’Italia e le sue istituzioni meritano di finire al centro di una commedia? Che oltretutto pare senza fine? Una commedia che, come in un Ballo in maschera, può anche finire in tragedia… Perché l’Italia, questo dovrebbe essere chiaro soprattutto a Renzi, merita una riforma efficace e non una riforma qualsiasi.