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La seconda strage di Parigi

Dopo una giornata convulsa e drammatica le ultime notizie provenienti da Parigi parlano ancora di sangue. Riepiloghiamo. Due sequestri armi in mano. Uno ad adopera dei due fratelli Kouachi, i terroristi autori della strage al Charlie Ebdo, che hanno trascinato in una tipografia a Dammartin, località a quaranta chilometri da Parigi, anche il proprietario. L’altra ad opera di due terroristi, uno dei quali autore dell’assassinio della poliziotta ieri, che hanno preso in ostaggio alcuni cittadini all’Ipermercato parigino frequentato soprattuto da ebrei.

Dopo ore di trattative e di attesa, le forze di polizia hanno fatto irruzione sia nel primo luogo che nel secondo. I due fratelli sono stati uccisi e così un terrorista nell’ipermercato, un altro pare fuggito. Dopo positive notizie sulla sorte degli ostaggi, la notizia tragica dell’uccisione di quattro di loro. Tutta la Francia si sente sotto assedio. Se sommiamo a questa nuova strage la terribile notizia dei duemila morti ad opera degli islamisti in Nigeria, dove si vuole fondare anche lì lo stato islamico, a poche settimane come siamo dalla odiosa strage di Peshawar, diciamo che siamo tutti sotto attacco, mentre in Iraq l’Isis fa strage di infedeli e di prigionieri, sgozza e si prende le donne come schiave.

Cos’altro deve accadere per capire che siamo in guerra? Non è la guerra contro l’Occidente giudaico cristiano come sostiene Giuliano Ferrara. L’obiettivo degli islamisti non è solo l’Occidente, ma tutti gli infedeli e anche i mussulmani che non accettano la jihad. Se oggi per la prima volta il terrorismo, uscito dalle caverne di Al Quaeda, dispone di uno stato, il primo dovere delle forze che vogliono combatterlo è quello di operare con un’azione, che non può essere solo di cielo, per sgominarlo. Lo so che questo implicherebbe anche una pericolosa azione di terra, con morti nelle truppe alleate. Ma in quale altro modo impedire che lo stato del califfato islamico esista?

Poi occorre una legislazione europea e italiana che si adegui all’attuale emergenza. Lo so che ogni normativa ispirata all’emergenza può lambire spazi di libertà. Ma la guerra al terrorismo islamico non può essere ancora sottovalutata. Bene le nuove normative ipotizzate su coloro che rientrano dalla guerra santa in Iraq a fianco dei tagliagola. E che non possono rientrare nei singoli paesi come da una vacanza. Serve poi che la comunità internazionale chiarisca una volta per tutte i suoi rapporti con gli stati canaglia, a cominciare dall’Arabia saudita, troppo amica degli americani, e poi dal Quatar e dallo Yemen. Chi appoggia, finanzia, dà asilo ai terroristi islamici non può non essere ritenuto nostro nemico. Anche se può valere dal punto di vista commerciale. Primum vivere, deinde…

Serve poi un rapporto più intenso e di scambi continui con le comunità islamiche. Non ci si può accontentare solo della opportuna condanna degli eventi di sangue. Serve una collaborazione tra queste e le autorità preposte all’ordine pubblico. Perché coloro che fanno uso di violenza o la proclamano come giusta vengano segnalati e seguiti. La guerra al terrorismo, che non è iniziata oggi, ma almeno l’11 settembre del 2001, è entrata in una fase nuova. Sono troppi i gruppi e le singole persone che possono procurare morte e strage. La loro forza è che la morte gli è anche amica. Più intelligente, capillare, articolata deve essere allora la nostra strategia. Che non può essere fatta di grida quali l’invocazione alla pena di morte per chi non teme la morte o di indiscriminata criminalizzazione di un’intera religione.

Deve essere surrogata dalla nostra forza della ragione (il bravo vignettista Vauro continua ad essere preso da occidentofobia), che è cultura della libertà e del rispetto, della tolleranza e della democrazia. Ma anche da forza militare e politica. La prima non può sempre e solo contare sul contingente americano che se è presente è per volontà imperialista e se è assente è per indifferenza. L’Europa e anche l’Italia facciano la loro parte. Se si deve combattere una guerra, servono armi appropriate, professionalità, coordinamento, decisione. Sul piano politico attrezziamoci per fronteggiare una campagna di dialogo e di intelligence, di prevenzione e di repressione. Sarà lunga, ma la possiamo vincere e sconfessare il finale del romanzo di Michel Heuellebecq…