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I due milioni di Parigi. Quel che bisogna fare

La Francia intera, l’Europa, il mondo si sono stretti insieme per condannare le stragi di Parigi e per affermare la volontà di combattere la violenza e il terrorismo. I capi di stato presenti a Parigi in questa imponente manifestazione, le aperte dissociazioni di stati arabi e di movimenti di liberazione, il pieno coinvolgimento di cittadini e di associazioni mussulmane rappresentano un segnale importante. La comune presenza di Netanyahu e di Abu Mazen mi auguro sia foriera di positivi sviluppi sul processo di pace in una regione che ha conosciuto il conflitto più lungo della storia moderna. Magari togliendo finalmente dal fuoco una questione che ha alimentato non poche tensioni e pericoli in tutto il mondo.

Forse è inutile illudersi se non verranno compiute scelte chiare. La prima riguarda l’Occidente, soprattutto gli Stati uniti. Lasciamo perdere gli errori compiuti, da ultimo quello dell’inspiegabile atteggiamento oscillante sulla crisi siriana che è all’origine della nascita dell’Isis. Oggi occorre isolare gli stati che sono collusi col terrorismo, che allevano terroristi, che li finanziano, che li appoggiano. È la prima mossa necessaria se vogliamo combattere una lotta, o una guerra, senza ambiguità e senza reticenze. Stiamo parlando dell’Arabia saudita, dello Yemen, del Quatar, ormai anche di parte della Libia. Se ci sono prove che questi paesi, o segmenti del potere di questi paesi, hanno responsabilità dirette o indirette nel processo di attivazione di cellule terroristiche si prendano le misure conseguenti. La seconda necessaria decisione è quella di evitare ancora tentennamenti nella guerra contro lo stato terroristico che si è insediato tra Iraq e Siria, quel califfato dei tagliagola, degli stupratori, degli assassini di infedeli, che ha preso linfa vitale dalle crisi mediorientali e si sta ulteriormente e pericolosamente allargando. Non bastano aiuti in armi, non basta qualche bombardamento. Occorre un’azione che sia risolutiva. Non si può lasciar lievitare una potenziale metastasi.

E così pure in Nigeria, dove i terroristi islamici di Boko Haram hanno sterminato duemila persone e teorizzano di voler vedere “il selciato denso del sangue degli infedeli”. Anche loro teorizzano il Califfato e non si può pensare che, essendo situati un po’ più a sud, costituiscano un pericolo minore. Per intraprendere questa lotta dobbiamo chiederci cosa noi pretendiamo che facciano gli americani. Che intervengano da soli, assieme agli stati arabi, cogli europei, che restino a casa perché ci pensiamo noi? Quest’ultima mi pare una possibilità assai remota. Non c’è dubbio però che l’Europa non possa stare a guardare. Sarebbe importante in questa nuova fase che l’Europa si dotasse di un’unica politica estera. Stona ancora la decisione francese di bombardare unilateralmente la Libia. Un’unica politica estera sarebbe opportuno affidarla a un’alta personalità, Blair o chi per esso, visto che la Mogherini, ma su questo tornerò, non mi pare possieda il carisma necessario. E magari che si costituisca una forza d’azione europea, che è oggi una necessità superiore all’unione monetaria.

Non c’è dubbio che ritorni con questo scontro di ideali, di concezioni della vita e della morte, con questo conflitto di civiltà (uso la parola nel senso letterale di organizzazione di “civis”, cioè comunità) l’alta politica. Ed è necessario ritornare a personalità forti, dotate di esperienza e conoscenza della politica internazionale. Non è più il tempo dei dilettanti perché da oggi si deve fare sul serio. Abbandoniamo questa sciocca sequela di stupidaggini che anche nel nostro paese si sono consumate negli ultimi tempi e passiamo dal conflitto generazionale a quello di civiltà. Non contro i mussulmani, come scioccamente ci invita a fare Salvini, o con ricette senza costrutto come la pena di morte, come ha proposto la Le Pen, oltretutto per terroristi che cercano la morte per diventare martiri. Ma con l’ausilio delle forze migliori che esistono nel mondo occidentale e arabo. Coinvolgendo anche la Russia di Putin, dunque fuoriuscendo al più presto da sanzioni e tentativi di isolamento oggi perfino pericolosi. La priorità dev’essere quella di isolare i terroristi e il mondo civile, cristiano, ebraico, mussulmano, buddista, laico, deve combattere una battaglia unito e con una strategia unitaria per avere la possibilità di vincerla. Con i suoi uomini migliori al posto giusto.