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A proposito di modello inglese di stadi

In Italia si fa un gran parlare del modello inglese. Recentemente anche La Repubblica gli ha dedicato un inserto. Se ne parlava anche nel 2007 quando venne approvato dalla Camera il decreto Amato, che meno inglese non si poteva. Bisognerebbe conoscerlo questo modello e adottarlo seriamente anche da noi come ci sollecita a fare il presidente del Napoli De Laurentis, che ha condizionato alla sua adozione la ristrutturazione a sua spese del San Paolo. In Inghilterra, intanto, non esiste, il pomeriggio quando si svolge il maggior numero di partite, il servizio di Pay Tv all’italiana. Non si trasmettono in diretta tutte le partite, ma se ne sceglie solo una. Questo non scoraggia il maggior numero di spettatori dal recarsi allo stadio. Poi, in Inghilterra, non esistono i biglietti nominativi e le tessere del tifoso e ogni sportivo può comodamente recarsi allo stadio anche all’ultimo momento. In Italia, dal 2007, questo non è più possibile perché i biglietti sono tutti nominativi, vanno fatti in prevendita perché i botteghini verrebbero intasati e impossibilitati a rispondere alle esigenze di un folto numero di acquirenti. È vero che lo scorso anno dall’Osservatorio è stata data via libera all’emissione di ticket via internet, ma non si capisce ancora in quale realtà si stata azionata la nuova procedura. Nella maggior parte dei casi credo sia ancora impraticabile. E poi c’è da tenere presente che la popolazione anziana non dispone della necessaria tecnologia. Da registrare il fatto che i biglietti nominativi non esistono in nessun’altra parte d’Europa se non nel Belgio. In più gli stadi inglesi sono tutti senza barriere, coperti e senza pista, tutti sono di proprietà delle società sportive. In Italia quasi nessuno stadio è senza barriere, la maggior parte sono scoperti e con pista e di proprietà dei comuni. Di più, il settore più controllato in Inghilterra è quello della tifoseria più accesa, lì si concentrano gli steward e ognuno si pone nel posto assegnato. In Italia gli steward si concentrano nelle tribune e nelle curve ognuno può stare dove vuole e non vengono rispettate né le numerazioni, né dunque la nominatività dei posti, che a questo punto non si capisce francamente neppure a cosa servano, visto che il pericolo proviene quasi sempre dai posti più popolari. Cioè in Italia siamo forti coi deboli e deboli coi forti. È una sicurezza all’incontrario quella che abbiamo stabilito nei nostri stadi. Per non crearci problemi lasciamo stare coloro che potrebbero reagire male. Un po’ quel che è avvenuto a Marassi per Italia-Serbia. I tifosi serbi sono potuti entrare portandosi indisturbati anche armi e alla fine si è evitato ogni contatto sospendendo la partita. In Inghilterra non sarebbe mai avvenuto. Se in Inghilterra un tifoso getta qualcosa in campo viene immediatamente arrestato. In Italia vengono squalificate le curve intere e il singolo quasi mai colpito, nonostante il servizio di video sorveglianza obbligatorio. Vogliamo importare il modello inglese? Importiamolo tutto intero se no faremmo ulteriori danni.