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Salvare e rilanciare il liberalsocialismo

Io vorrei parlare a tutti i socialisti il linguaggio della chiarezza. In Italia manca un progetto liberalsocialista. Manca una cultura liberalsocialista. C’era una volta un’area del venti per cento che oggi non ha più interpreti. Almeno nel 1999 i radicali ottennero il nove per cento e lo Sdi il due. Almeno nel 2006 la Rosa nel pugno ottenne il 2,7 per cento e diciotto deputati. Oggi è tutto azzerato e si rivalutano solo la storia dei cattolici e dei comunisti revisionisti, si scelgono perfino i loro vecchi esponenti per cariche delle massime istituzioni, preferendoli a quelli espressione della vecchia famiglia socialista. Oggi si lanciano riforme ispirate da quelle impostazioni. Io sono disponibile a spendermi per questo progetto, per questa cultura, per interpretare nel mondo di oggi questa tradizione. C’è spazio per essa nel Pd onnivoro di Renzi? Discutiamone serenamente. Senza prevenzioni. Io ne dubito. Questo non significa necessariamente né fare un partito e nemmeno una lista, anche su questa il Consiglio nazionale ha deliberato di puntare. Se invece altri vogliono raccordarsi con la sinistra radicale, penso a coloro che hanno proposto un’altra via, facciano pure. Quella non è la mia casa. Dubito che possa diventare la casa del Psi che fu di Craxi e Martelli.

Almeno chiariamo i termini del nostro dissenso. Non voglio credere che esso sia solo originato dall’insoddisfazione per le candidature del 2013, anche se molti dei dissenzienti di oggi fino ad allora erano parecchio consenzienti. Certo allora la trattativa col Pd non fu esaltante e il risultato assai insoddisfacente. Ma allora perché, quando qualcuno, tra cui chi scrive, e a dire il vero anche Franco Bartolomei, che certo ha il dono della coerenza, proposero di raccogliere le firme e presentare una lista socialista, in tanti che adesso dissentono guardarono da un’altra parte? Io capisco e apprezzo il dissenso quando è chiaro. Ho detto e scritto quel che penso. Se qualcuno che ha votato il mio stesso documento puntasse solo ad un giro di valzer per dimostrare che altro non c’è che arrendersi al Pd, che quel che si è lanciato a Roma, che certo è di problematica soluzione, è pura utopia, magari senza fare alcuno sforzo per perseguirlo, allora manifesterò il mio dissenso anche verso di lui. Come mi è capitato di fare anche nel recente passato, quando mi trovai praticamente da solo a sostenere un’idea avanzata da Riccardo Nencini di puntare a un progetto che andasse oltre la vecchie identità e fosse diverso dal semplice assorbimento nel socialismo europeo, dove sarebbe finito lo stesso Pd.

Vorrei precisare che quel che ci attende è uno sfida storica. Esagero? Volutamente. Credo infatti che salvare il liberalsocialismo in Italia sia innanzitutto un nostro dovere. In sintesi direi che la flex security, il potenziamento della democrazia di fronte alla sua crisi e il rilancio di un nuova stagione di diritti civili e ambientali, non di laicismo confuso e superficiale, debba essere il nostro orizzonte. Stati generali? Benissimo. Io preferirei che prima si convocasse una conferenza programmatica aperta nella quale si definissero alcuni obiettivi comuni. Direi che prima di fare nascere una convergenza bisognerebbe far nascere una piattaforma su cui convergere. Noi abbiamo illustri esponenti del mondo delle professioni, del sindacato riformista, della cultura, che possono aiutarci a elaborare idee e proposte e abbiamo ancora personalità che nel passato hanno saputo segnare col loro pensiero l’evoluzione dei progetti dei partiti italiani. Chiediamo a loro di essere compagni di viaggio del nostro cammino. .