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Tangentopoli di ieri e bufale di oggi

Ad un certo momento mi sono addormentato. Il film televisivo sul 1992 è noioso. Anche incomprensibile. Parla di personaggi inesistenti, di sesso sfrenato, di ballerine da “Domenica in”. È anche anticipato da una precisazione. I personaggi della vicenda sono immaginari e non corrispondono a nessuno dei protagonisti di quella stagione. Fanno eccezione, naturalmente, i socialisti, Craxi, il cinghiale che Di Pietro vuole catturare, lo stesso piemme milanese, Bossi e i leghisti, che eleggono un delinquente, mezzo drogato e ubriaco. Ma il vero protagonista della melensa storia è Stefano Accorsi, la sua aria da pesce lesso, pubblicitario senza scrupoli, divoratore di ragazze in carriera, padre disgraziato, ex sessantottino ribelle e poi integrato nel regno di Berlusconi.

Anche se non appare, se non con la voce in toilette, massimo sfregio, eccolo il vero imputato del film di Sky e cioè il capo di Fininvest. Il che appare anche un po’ stonato essendo il film prodotto dal suo maggiore competitor, proprio Murdoch. Come si possa produrre un film contro un antagonista è piuttosto discutibile. Sarebbe come se la Fiat pagasse un film per parlare male della Citroen. Diventa davvero poco credibile. E poi racconta una verità molto parziale, perché se ci fu qualcuno che se ne avvantaggiò, dalle indagini del Pool mani pulite, fu proprio Berlusconi. Si candidò e vinse le elezioni. Divenne presidente del Consiglio e propose a Di Pietro di fare il ministro degli Interni.

Da quel che accadde ieri alla continua bufala di oggi. Non sono affatto stupito che una mia telefonata con Burchi, ma se non ricordo male fu lui a telefonare a me, in cui io gli parlo di due o tre socialisti da sistemare negli enti, continui a girare per i giornali come capo d’accusa contro Nencini. Tanto che Il Fatto quotidiano ne chiede addirittura la rimozione. E oggi si riprende con un’intervista a Nencini sul Corriere. Siamo alle comiche. Ma non se ne rendono conto? Io avrei chiesto a Burchi, un amico che conosco da anni, ma che non riusciva a parlare con il vice ministro, di nominare due o tre socialisti negli enti, la cui competenza non era di Burchi ma di Nencini? Ma mi prendono per un dissennato?

Gli avrò accennato amichevolmente alla cosa, anche se della telefonata (ma con Burchi di telefonate ce ne sono state tante, scherzose e goliardiche) ho un vago ricordo. Forse distorta dall’intervista l’idea contenuta in una frase di Nencini (che ha già smentito) secondo la quale io avrei chiesto di assumere due o tre socialisti. Quando mai? E dove, visto che Burchi è un libero professionista? Dicevano: dammi un parola e ti impiccherò un uomo. Ma anche “una telefonata ti cambia la vita”. La mia no di certo. Non ho incarichi pubblici da difendere e quei due o tre posti per i socialisti negli enti sarebbero stati a disposizione della nostra piccola comunità. Certo non ho messo in bilico la poltrona di Nencini, che deve sentirsi anzi protetto da chi, pur non avendo ottenuto nulla e dirigendo gratuitamente l’Avanti, continua a dare un contributo di passione e di lavoro al suo partito. Non c’è bisogno di giocare in difesa quando si ha la coscienza pulita, caro Riccardo. Secondo me conviene andare all’attacco.

Mauro Del Bue
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