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I dodici apostoli

Pare dunque confermata la terribile notizia, secondo la quale in un barcone colmo di emigrati partiti da terre anche lontane e in viaggio dalla Libia verso l’Italia, un gruppo di mussulmani avrebbe deciso una pulizia etnico-religiosa e scaraventato in mare, affogandoli, dodici cristiani provenienti da paesi del centro Africa. È terribile. Nel barcone che cercava un approdo si dovrebbe cementare un sentimento di solidarietà umana al di là delle provenienze e delle religioni. Invece è prevalso l’odio in pieno stile Isis. Il barcone aveva forse problemi di carico e allora liberiamolo degli infedeli. I cristiani devono morire.

Forse non è ancora chiaro che l’odio dell’integralismo islamico si sta dilagando e acquisendo sempre nuovi adepti, anche senza una sua specifica organizzazione. Si è seminato il rancore verso l’Occidente giudaico-cristiano, si è scoperta qualche giustificazione nel Corano, si stanno agitando vecchie e più recenti questioni, dalle crociate alle invasioni in Iraq e in Afghanistan, e noi siamo sotto attacco. Dal barcone che attraversa il vecchio Mare Nostrum, che diventa ogni giorno cimitero di corpi innocenti e solo desiderosi di approdare alla terra della pace e della libertà, è stato lanciato l’ultimo messaggio chiaro e inequivocabile di guerra e di sopraffazione.

Ma davvero non si vuole capire o si fa finta di non capire? Magari si confida che tutto si risolverà da solo e che basti manifestare un giusto sentimento di colpa per gli errori che l’Occidente ha compiuto, o forse si spera che basti l’Egitto, e forse la Giordania, a fare piazza pulita degli sgozzatori e dei loro amici. Noi siamo in attesa, ancora. L’Italia attende l’Europa, che attende l’Onu, che attende i suoi mediatori, che attendono che i due governi libici si mettano d’accordo. E intanto continua il massacro e il territorio in mano allo Stato islamico, primo stato ufficialmente terrorista e che si propone di invadere l’Europa, dopo avere ricondotto ad unità il Medio oriente, è ancora baldanzosamente in piedi.

Renzi ha parlato ieri ad Obama del problema Isis, anche se Obama pare più interessato alla questione Ucraina e alla nuova politica espansionistica di Putin. Renzi chieda piuttosto ad Obama di sospendere i rapporti con gli stati che stanno appoggiando il terrorismo, a cominciare dall’Arabia saudita. La verità è che Obama non concepisce più gli Stati uniti come gendarmi del mondo. Disponibile a dare una mano, pare non più disposto a fare operazioni militari che gravino soprattutto sulle spalle degli americani. Per i pacifisti dovrebbe essere festa. E invece noi siamo ancora qui nell’incertezza assoluta su come muoverci.

Gli Usa hanno spese per la difesa e gli armamenti assai più alte rispetto alle nostre e noi, almeno in Italia, continuiamo a tagliarle e a muovere le vecchie accuse per le spese militari. È evidente che si pretenderà dall’Europa lo sforzo maggiore per sconfiggere l’Isis e ridare stabilità alla Libia, visto che soprattutto dall’Europa, con l’eccezione della Germania, è arrivato il colpo definitivo al regime precedente. La Libia è una nazione enorme e, collegata alla nuova Tunisia ad ovest e all’Egitto all’est, potrebbe costituire una ampia regione di pace, ma per questo serve un intervento di terra. Servono uomini, cento, qualcuno azzarda forse duecentomila. Chi glieli mette? Sono disponibili gli stati europei a rischiare la vita di molti loro connazionali per combattere questa guerra e vincerla? Ne dubito. E allora ecco che da più parti si rimpiange il tempo in cui l’America decideva e agiva da sola…