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La politica e la storia

Quello che noi dobbiamo sforzarci di chiarire anche a noi stessi è la differenza tra la cancellazione di un partito e quella di una storia. Il Psi come noi l’abbiamo vissuto, e cioè come partito della sinistra democratica e collocato in posizione di confine tra Dc e Pci, muore col vecchio sistema politico. Anzi la sua funzione di cerniera si esaurisce con la fine del Pci. Travolto più degli altri dalla vicenda di Tangentopoli il Psi viene anche sciolto da Boselli e Del Turco e rinasce come Si, cui si contrappongono altri piccoli partiti della cosiddetta diaspora.

La storia di questi ultimi vent’anni è sotto i nostri occhi. Nessuno di noi, da qualsiasi parte abbia tentato, a sinistra, a destra o in autonomia, è riuscito a sfondare il tetto del 2,1 per cento. Troppo poco per pensare di avere resuscitato qualcosa che abbia a che fare col vecchio Psi. Sulle ragioni, compresa la non eccelsa qualità delle nostre leadership passate, potremmo discutere, ma anche chi la leadership ce l’ha avuta, vedi Bertinotti, è stato spazzato via. Resta il fatto che non è rinato il Pci, non è rinata la Dc e si può capire perché non sia rinato il Psi.

Il vero problema è l’anomalia della nostra cancellazione. Contrariamente al Pci e alla Dc, la storia del Psi viene oggi oscurata quando non cancellata. Soprattutto la storia del ventennio autonomista e craxiano cui si contrappone quella, rivalutata, del Pci berlingueriano e della Dc morotea, e anche fanfaniana. Questo è assurdo, questo è iniquo, questo è violento. Noi socialisti riformisti e democratici, che abbiamo combattuto contro l’egemonia del Pci sulla sinistra italiana e contro il monopolio della Dc sul governo, siamo oggi generalmente dimenticati.

Ci si ricorda dei socialisti meno organici a queste lotte. Di Pertini, ad esempio, che è stato il presidente di tutti gli italiani, di De Martino che finì indipendente nelle liste del Pci, quasi mai di Turati, di Nenni, di Saragat. Nella mia provincia si afferma che i deputati alla Costituente erano Nilde Iotti e Giuseppe Dossetti, dimenticandosi di Alberto Simonini, socialista democratico. Se si parla di centro-sinistra si ricorda Prodi, non Nenni, se si parla dello statuto dei lavoratori si ricorda che “la sinistra non lo votò”, non il solo Pci. Della Resistenza si esaltano il contributo dei comunisti, dei cattolici e “degli altri”, e questo nella città che ha avuto prefetto, vice prefetto e sindaco della liberazione tutti socialisti.

Noi siamo ancora vivi per combattere questa deformazione della storia, per contrastare questa violenza che ci viene inferta, ma che in realtà viene inferta all’Italia. E siamo ancora vivi, come organizzazione politica di socialisti, che si chiama Psi ma che non può mai essere paragonata al vecchio Psi, per combattere tante battaglie del presente che si collegano a quella storia. C’è un filone di lotte di giustizia e di libertà al quale dobbiamo rimanere legati, se non recidiamo il nostro cordone ombelicale e non abbiamo senso alcuno. Noi siamo un partito identitario e storico. Ma viviamo del presente, sapendo che non si può costruire il futuro dimenticandosi del passato. E oggi si sta costruendo un futuro malato oltraggiando la storia.