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Palmira oh cara …

Ci siamo. Mentre Obama continua a lanciare messaggi tranquillizzanti, l’Isis si è ormai presa metà della Siria. Anche la storica e artistica città di Palmira è finita in mano al califfato. Se fosse vero che la guerra non sta volgendo a favore dei tagliagola, perché i neri guerriglieri dell’integralismo islamico continuano ad avanzare? E soprattutto cosa sta facendo la comunità internazionale per sconfiggere uno dei più pericolosi e criminali fenomeni che l’umanità abbia mai conosciuto?

Lasciamo stare gli errori compiuti dall’Europa e dall’Occidente, come le guerre che si potevano evitare, quella all’Iraq e alla Libia di Gheddafi. E lasciamo anche stare quel che non si è fatto: gli aiuti mancati alle correnti laiche e democratiche di opposizione al regime di Assad, impedendo che queste fossero sopraffatte da quelle integraliste. Soprattutto ricordandoci che proprio dalla Siria e dalla sua guerra civile è nato e si è diffuso l’Isis.

Quello che adesso importa è decidere come fermare questa barbara avanzata, costellata da infami delitti, da crudeli tragedie, da continue minacce alla civiltà liberale. Questo vorrei soprattuto sottolineare, e cioè che l’Isis rappresenta il più straziante ritorno alla civiltà della sopraffazione. A quella che nega il diritto alle più elementari libertà civili e religiose, che impone una teocrazia che annulla tutte le diversità e le colpisce con la morte più truce, spesso con la decapitazione. Una sorta di rogo seicentesco degli infedeli che si ripete nelle forme più orrende.

Noi facciamo ancora finta di niente. Pensiamo che sia conveniente non capire. Lasciamo che lo stato islamico si espanda, lanciando il pericoloso messaggio di vittoria? Riteniamo che basti qualche azione di cielo traverso i droni americani (peraltro ingiustamente ritenuti meno crudeli di un’azione di terra e invece lo sono assai di più perché spesso sparano nel mucchio seminando anche morte tra gli innocenti). Riteniamo davvero che basti qualche migliaio di soldati iraniani e qualche svagato militare iracheno per avere la meglio?

Obama, che intanto ha ritirato i suoi dall’Iraq, oggi in preda alla confusione di governi sciiti, che vengono vissuti come la peste dai sunniti, anche dalla parte di sunniti non bahatisti, invita ad avere fiducia. Non si comprende perché con questi risultati. Non si rimedia agli errori di Bush con un semplice dietrofront mentre tutta la regione è in fiamme. Prima o poi, spero non troppo poi, ci si deciderà a prendere il toro per le corna. Lo penso da tempo. Sono assolutamente estraneo ai miti interventisti, ma sono ugualmente estraneo a quelli falsamente pacifisti, che si manifestano sempre con una doppia ipocrita valenza.

Quella di estraniarsi per egoismo nazionale, o peggio occidentale, e quello di sopportare le sopraffazioni e le ingiustizia attraverso un pericoloso lasciar fare, alla luce di un deleterio e improduttivo complesso di colpa. Oggi, mai come oggi, il mondo globalizzato appartiene a tutti. È un vecchio insegnamento internazionalista così ben celebrato da Hemingway e dal suo “Per chi suona la campana”. Non vorrei che adesso fossimo passati dall’interventismo immotivato di Bush al neutralismo ipocrita che è premessa all’abdicazione.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue
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