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Se vogliamo dircela tutta

1 Luglio 2015 1.108 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dietro gli affondo di qualche nostro compagno di partito c’è una convinzione, e cioè che cambiando gruppo dirigente si rilancia in Italia il Psi. Questo è ciò che unifica i dissidenti, ma in realtà l’opzione possibile finisce per essere un’altra. E cioè quella di rilanciare il Psi in un aggregato di estrema sinistra che comprenda Landini, Vendola, Civati, Cofferati e Fassina. Cioè in un polo della cosiddetta sinistra radicale. Vorrei che coloro che sentono solo la prima esigenza si rendessero conto che l’obiettivo che stanno perseguendo, anche per condivisibile esigenza di smarcarsi dal Pd, è un altro. Non quello di rilanciare il Psi rinnovando chi è al timone e con una più forte autonomia, ma quello di annullarlo in un contenitore dell’estrema sinistra.

Se qualche compagno ha questa idea o chiede subito un congresso per ribaltare la linea del partito decisa all’ultima assise nazionale e poi si aggiudica la maggioranza con questa proposta oppure esce dal Psi, fonda un movimento diverso e finisce dove vuole. Può fare qualche proselite l’angoscia, la frustrazione di tanti compagni che in questi venti e più anni hanno seguito la nostra disgraziata odissea. Ci tengo a fare notare che se costoro pensavano di far rinascere il Psi nelle dimensioni di venti e più anni fa non hanno fatto i conti con la realtà. Era infatti impossibile ricostruire il vecchio Psi, senza Pci, Dc, Msi e via dicendo. Dovevamo essere proprio noi i prescelti nella reincarnazione dei vecchi partiti? Dovevamo diventare la mosca bianca identitaria in un sistema che non lo era più? Perché mai?

Certo in questi vent’anni non siamo riusciti a compiere quel capolavoro storico-politico che è invece riuscito a Dc e Pci. E cioè di salvaguardare una tradizione, assai più pesante della nostra, e un patrimonio di idee e anche di uomini in soggetti nuovi. Che altro è il Pd se non la sintesi di questa doppia identità, anche se corroborata da altre esperienze e dall’influsso di nuove generazioni? Che altro è stata, ammesso che ancora non sia, Forza Italia, se non l’erede della parte moderata della Dc, ma anche del centro laico, che altro sono stati Rifondazione, Pdci, e adesso Sel, lista Tsipras, l’odierno tentativo di rilanciare un soggetto alla sinistra del Pd, se non la continuazione del ciclo storico e politico della parte di sinistra del vecchio Pci? Direi che Pci e Dc hanno dunque oggi molteplici eredi, noi no.

In questi vent’anni e più ci abbiamo anche messo del nostro. Dopo la fine del Psi un frammento di vecchio gruppo dirigente ha fondato il Si, altri i laburisti, altri ancora il Ps. Poi il tentativo di unire le forze, o le debolezze, e la nascita dello Sdi nel 1999 che è sfociata nell’incapacità di fare politica se non finendo in altri soggetti elettorali (prima ci era accucciati con Segni, poi con Dini, nel 2001 si finì nel Girasole) e con l’immediata scissione, prima dei laburisti e poi della Lega socialista che, unendosi al Ps, dopo la morte di Craxi, diede vita al Nuovo Psi. Quest’ultimo, dal 2001, ha presentato lista autonome alle politiche e alle europee, ma è stato falcidiato dalle scissioni prima di Martelli e poi di Zavettieri. Quel che restava si è poi diviso ulteriormente in due, con De Michelis e il sottoscritto che hanno aderito alla Costituente socialista e con Caldoro che ha preferito l’adesione al Pdl.

Non basta. La Costituente socialista del 2007, infrantasi contro gli scogli del mancato apparentamento veltroniano, è andata poi in frantumi, con Angius, Spini, Grillini, De Michelis, e alla fine perfino Boselli, che hanno abbondato la navicella in tempesta. Tanto che dei membri della Costituente solo chi scrive, con Bobo Craxi, è rimasto nel Psi. Aggiungo. Chi ha fatto scissioni da sinistra spesso si è poi ritrovato a destra (potrei citare i casi di Zavettieri, Crinò e Mancini), chi le ha fatte perché il partito non doveva stare a sinistra è finito nel Pd (Andò, La Ganga, Manca). Chi oggi solleva il vecchio massimalismo ieri era a destra (Bartolomei) e chi guarda a nuovi orizzonti più moderati era ieri a sinistra (Cicchitto). Chi ha assunto la politica come motivo di una contestazione lo ha quasi sempre fatto dopo essere stato escluso dalle liste elettorali, o da incarichi di governo. Questa è la verità. E pensate che oggi di tutto questo si debba incolpare questo gruppo dirigente, che almeno ha avuto il merito di tenere duro e di riportare in Parlamento un drappello di socialisti?

Continuiamo pure così. Aggiungiamo qualche altra perla a questa deprimente catena di autogol. Sempre in nome della politica, ci mancherebbe. E aggiungiamo anche un ulteriore motivo alla nostra crisi e alla mancata esistenza se non del Psi di un soggetto che ne rinnovi la tradizione: i nostri comportamenti. Non salgo certo in cattedra e non mi ritengo esente da errori. Posso dire che sono stato forse il primo socialista ad avvertire la crisi del vecchio Psi, dopo la caduta del muro di Berlino, ancor prima di Martelli. Posso anche aggiungere che sono venuto alla Costituente da deputato e ne sono uscito da semplice militante. Posso altresì aggiungere che mi sono chiamato fuori dalla ressa di pretendenti alle candidature alle ultime elezioni politiche. Ma capisco che questo non è il mio tempo. Sarebbe tempo di giovani, che dovrebbero inaugurare un modo diverso di comportarsi e di fare politica. Di giovani temerari, disponibili a sfidare il mondo. Con l’assillo della rottamazione del solito modo di fare politica e con la passione di rinverdire i fasti del partito più vecchio. Ma esistono o sono anche loro, come quei ragazzi anche in buona fede, che presiedono riunioni di corrente, intossicati dalla vecchia politica?

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