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Cosa fare noi

Detto e ripetuto quel che non dobbiamo fare, e cioè seguire quei pochi che ci indicano la sinistra radicale come approdo e invitandoli a scegliere tra la militanza nel Psi e quella in Risorgimento socialista perché non si possono perseguire due linee contrastanti nello stesso partito, vengo a scrivere quel che dovremmo fare noi. Noi che abbiamo contribuito a determinare le scelte politiche del congresso di Venezia e che abbiamo il compito di dirigere questo nostro piccolo partito.

Intanto dovremmo sapere subito su quanti parlamentari possiamo contare. Alla Camera esistono alcune smagliature e tendenze non sempre compatibili con la nostra autonomia. Tendenze a recepire qualche sollecitazione del Pd e a fare i conti con una legge elettorale che induce all’adesione ai grandi partiti. Ma adesso possiamo soprassedere e concentrarci sul Senato, dove possiamo contare su tre voti certi. Il nostro unico obiettivo politico, che è condizione di vita o di morte, deve essere la riforma dell’Italicum, una legge che personalmente non avrei votato nemmeno alla Camera.

Il premio alla lista e non alle coalizioni rende praticamente impossibile la formazione di liste autonome e non apparentate capaci di raggiungere il tre per cento. Questo vale per noi, per una micro coalizione con noi, forse anche per il Nuovo centrodestra. Allora la nostra proposta deve essere la seguente: visto che la riforma costituzionale al Senato pare in bilico, noi dobbiamo condizionare il nostro voto favorevole al cambiamento della legge elettorale proprio sul punto del premio alla lista, affinché venga reintrodotto il premio alla coalizione con relativi apparentamenti.

Questo lo potremmo fare in accordo col Nuovo centrodestra che che assumerà il suo nuovo nome di area o partito popolare. D’altronde sia il partito di Alfano sia noi siamo parte integrante della coalizione di governo. Non si tratta di pretesa eccessiva, né ingiusta e nemmeno inopportuna. Si tratta di tutelare non solo la nostra esistenza che non può frantumarsi nella cieca adesione a una solidarietà di governo, ma anche di garantire il rispetto della volontà dei cittadini che, come emerso chiaramente alle elezioni regionali, non aderiscono a una forma di bipartitismo o di tripartitismo (compreso Grillo), ma orientano il loro voto in modo pluralista. Questo, e qui sta l’aspetto di opportunità del centro-sinistra, dovrebbe comprendere anche il Pd. Già il sogno del partito a vocazione maggioritaria di veltroniana memoria ha favorito la vittoria di Berlusconi, oggi l’illusione europea del quaranta per cento di Renzi può anche finire in modo analogo. Meditate, dunque. E leggete l’Avanti.