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Terzo capitolo del programma: la sicurezza

Dopo avere illustrato le proposte che personalmente suggerisco al Psi, alla vigilia della conferenza programmatica, sui temi della democrazia e dell’economia, mi avventuro adesso a formularne altre su un tema delicato e dal quale non si può sfuggire: quello della sicurezza. Lo dividerei in due parti, che sono però in larga misura interconnesse, Parlo della sicurezza internazionale e della sicurezza nazionale. È evidente che la prima è a sua volta collegata ai temi della lotta al sottosviluppo, del rapporto tra paesi ricchi e paesi poveri, della pace. È assolutamente ovvio che gli squilibri nel mondo provochino poi migrazioni che sono oggi particolarmente accentuate e problemi conseguenti nei paesi di approdo.

Oggi però ci troviamo di fronte un problema nuovo, che solo molto relativamente è connesso con la povertà e il sottosviluppo, ed è relativo a una guerra scatenata all’Occidente, e ai paesi arabi ritenuti amici dell’Occidente, da una frangia estrema di islamisti che interpretano il Corano come una dottrina di lotta cruenta agli infedeli. Può essere che gli errori degli Usa sui temi dell’Iraq, della Siria, della Libia, abbiano potenziato l’attrazione da parte di giovani, che vivono anche in paesi europei, verso la Jihad. Resta il fatto che questa guerra è in atto e non la si può ignorare, né si può prendere atto che esista solo dopo un attentato o a seguito della diffusione di macabri testimonianze di sangue, di morte e di carneficine,

Lo stato islamico è un territorio, un territorio terroristico. Ed è compito delle nazioni democratiche e liberali, in stretto collegamento con gli stati arabi moderati, espropriare di un territorio, parte dell’Iraq e della Siria, il terrorismo. Dunque oggi la prima azione per la sicurezza è rappresentata dalla sconfitta del terrorismo islamico, nelle forme e nei modi che la comunità internazionale vorrà adottare, ma che devono essere di rapida ed efficace attuazione. Lasciar fare, continuare a far pensare che i terroristi con le loro bandiere nere producano azioni coronate da successo non può che invogliare nuovi volontari a partire per produrre nuovi successi, Per questo obiettivo ritengo giusto l’accordo sul nucleare tra Usa e Iran e urgente una soluzione della vicenda ucraina e del rapporto tra comunità occidentale e Russia. All’obiettivo della sconfitta del terrorismo deve innanzitutto essere votata la politica internazionale, ed è opportuno che anche gli Usa se ne rendano conto.

Il secondo punto è la lotta al sottosviluppo. Su questo tema è inutile ricordare gli appelli che generalmente anche forze di destra rivolgono per evitare massicce migrazioni. Occorre aiutare i popoli in loco. Eppure gli obiettivi, generalmente sanciti in termini di percentuale sul Pil da parte dei paesi industrializzati, non sono mai stati raggiunti. La globalizzazione, resa possibile dal basso costo dei trasporti e dall’accesso all’economia di mercato di interi continenti e nazioni, dall’Estremo oriente a diversi paesi africani, non ha certo attenuato, se non in Cina, in India, nei Caraibi, e in pochi stati africani, gli squilibri dovuti al sottosviluppo. Su questo tema vale il richiamo di Papa Bergoglio e la necessità urgente di por mano a provvedimenti che riescano ad attenuare le ingiuste condizioni di un pianeta di 7 miliardi di persone che vede il 75 per cento della sua popolazione a vivere sotto il minimo indispensabile e il 25 per cento che si mangia il 75 per cento delle risorse mondiali,

Ho parlato del terrorismo islamico e del sottosviluppo perché sono entrambe le cause del forte flusso migratorio in atto in Europa, L’Italia è il paese che più risente dell’approdo via mare della migrazione africana. E i migranti sono spinti dall’una o dall’altra motivazione. Se dobbiamo tenere presenti le differenze tra migranti che chiedono asilo perché fuggono da una guerra e migranti economici che fuggono da fame e carestie, è giusto ricordare che resta alla base di entrambi un forte bisogno di protezione e di cura. Eppure proprio nel momento in cui diamo opportunamente ospitalità in base alle nostre leggi, dobbiamo essere vigili perché tra gli ospiti possono nascondersi terroristi. Solidarietà e vigilanza devono oggi essere i due precetti fondamentali. È naturale, ma evidentemente ancora inattuale, pretendere che del tema migrazione si faccia carico l’Europa che non c’è, fuoriuscendo dalle assurde clausole del trattati di Dublino. Va nel contempo rifiutata la strumentale posizione di chi grida al lupo perché viene chiamato a farsi carico di dare un alloggio ai pochi che gli vengono destinati. Osservo che la protesta di molti amministratori del Nord ha una chiara matrice politica e risponde al vecchio detto americano in base al quale tutte le questioni delicate devono trovare soluzione “lontano dal mio giardino”.

Su questo tema accentuerei molto il tema della difesa della nostra civiltà o comunità (civitas) liberale. Potrei dire anche cristiana e liberale. Cristiana nel senso di solidale, attenta ai bisogni di chi sta peggio, ma anche liberale, cioè in difesa dei principi fondamentali su cui si regge o dovrebbe reggersi la nostra società. E cioè il principio di rispetto per tutte le idee e le religioni, la parità tra uomo e donna, la libertà di pensiero, di linguaggio, di critica, anche di ironia e di sarcasmo. Questo nostro sistema di valori è oggi in serio pericolo perché minacciato da un’altra impostazione, che rimanda alla sharia, alla legge divina, alla discriminazione delle donne, al diritto di imposizione di un coniuge alle figlie e via dicendo. Ora, anche a prescindere dalla propensione o meno a sfociare o nella violenza o nella predicazione della violenza, e nel massimo rispetto che si deve per tutte le religioni, occorre che i principi fondamentali della civiltà liberale, che si concreta nelle costituzioni e nelle leggi di ciascun paese, vengano rispettati pienamente da tutti. Non si possono costruire sacche di comunità illiberali nella società liberale.

Da ultimo la questione delle diverse etnie che vivono nel nostro paese e che spesso sono al centro di dissensi, di conflitti, di polemiche. È giusto ribadire anche su questa materia, che ha interessato popolazioni rom o sinte o anche di altra origine, un doppio principio da conciliare: il pieno rispetto per le tradizioni e gli usi di ciascuna popolazione, ma anche quello per la tranquillità degli altri, nella affermazione della più assoluta parità di doveri e di diritti. Dunque, anche a seguito delle direttive comunitarie, occorre andare gradualmente al superamento degli agglomerati nei campi, simili a quelli di concentramento, spesso al pari di quelli di pronta accoglienza per gli emigrati, che si rivelano ai limiti del rispetto dell’umanità degli ospiti, e peraltro fonte di speculazione e di illeciti guadagni come il caso di Mafia capitale insegna. Tutte le popolazioni, anche quelle nomadi, hanno il dovere di rispettare le leggi dello stato, e compito dello stato è la vigilanza perché non vi siano discriminazioni né da parte delle istituzioni nei loro confronti in termini di accesso alla scuola, di diritto all casa e al lavoro, né in termini di privilegi e favori a loro concessi e chiaramente discriminatori verso l’altra parte di popolazione. Demagogie, ideologismi, assieme a incuranza e affarismi, hanno reso questo tema oggi assi delicato. Occorre una visione pragmatica che superi campi, che estirpi il malaffare, che produca sicurezza e rispetto per tutti, anche su questo nel pieno rispetto delle leggi, dell’uguaglianza dei cittadini, dei valori tipicamente nostri di solidarismo e di libertà.