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Eran trecento, eran giovani e forti e trenta sono morti…

Erano giovani socialisti. Combattevano per la libertà e la cultura. Stavano discutendo in trecento in un centro culturale in Turchia al confine con la Siria. Volevano dare un contributo per la ricostruzione della città di Kobane. Pensavano di aprire una biblioteca nella cittadina prima occupata dall’Isis e poi liberata dai curdi. Eran ragazzi dalla faccia pulita e due di loro li abbiamo visti in una foto mano nella mano, stretti insieme nel momento dell’esplosione, senza più vita. Un’immagine terribile. In trenta sono morti. Un terrorista islamico si è fatto saltare provocando una strage. L’ennesima. Ai giovani compagni caduti vada il nostro pensiero e la nostra ammirazione. Sono martiri. Vittime di un esercito di barbari che nega la bellezza della vita e che ci ha dichiarato guerra.

Fissiamo per favore dei punti chiari. Costoro non meritano alcuna giustificazione. Io non accetto più che vi sia ancora qualcuno che parla degli errori degli Usa, che ci sono stati, e dello sfruttamento economico di zone coperte da oro nero, che è esistito. Basta. Il problema è oggi cosa fare nei confronti di una guerra che ci è stata dichiarata e che noi non stiamo combattendo. Lasciandola a mediatori poco credibili, alla generosità e all’eroismo dell’esercito curdo, a qualche iniziativa del governo egiziano. E ai droni americani che bombardano qua e là spesso anche provocando morti innocenti e non risolvono nulla. Se è incredibile la sottovalutazione del fenomeno da parte del presidente americano, ancora più allucinante è l’impasse dell’Europa, che non solo non riesce a unirsi sulla politica economica, ma non riesce a sviluppare alcuna politica estera comune. Neppure su una guerra che si svolge ormai anche nei suoi territori.

Non sono in grado di ipotizzare la soluzione tecnica migliore per battere questo esercito di fanatici estremisti. Metto ancora in evidenza che costoro governano una regione che non è stata conquistata dai nostri. Metto anche in evidenza che l’improbabile mediatore dell’Onu non è riuscito a unire due governi libici che continuano a litigare e a spararsi addosso, mentre una parte della Libia è in mano agli eserciti delle bandiere nere. Aggiungo che la Siria è ancora in preda alla guerra civile, che l’Iraq ormai non esiste più e parte del suo territorio è stato conquistato dai terroristi. Noi, dico noi come europei e come occidentali, continuiamo a guardare da un’altra parte, mentre dopo l’orrore dei decapitati, dei condannati al rogo, delle carneficine di Parigi, di Tunisi e di Sousse, dopo le stragi degli innocenti in Nigeria ad opera di Boco Haram, si consuma questa nuova orrenda strage di giovani che amavano la vita e la libertà.

Cosa amano i terroristi islamici? Non la vita, non l’amore, non la libertà, non la cultura, non l’arte. Se ci pensiamo bene essi han dichiarato guerra non solo a noi, ma ai grandi valori della nostra civiltà cristiana e liberale. Uso ancora questi due termini, perché penso che se il cristianesimo è stata la prima dottrina che ha esaltato la solidarietà e la giustizia, i valori sanciti dalla rivoluzione francese, preceduti dai grandi filosofi dell’illuminismo, hanno aperto la strada alla nostra epoca. Intendiamoci su questo. Siamo disposti a batterci per difenderli o no? Oriana Fallaci ci ha spronato a farlo con una dose di comprensibile pessimismo. Ho l’impressione, adesso, che avesse ragione.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue
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