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La mia odissea ferroviaria

Sono ad Alba Adriatica (cittadina dell’Abruzzo al confine con le Marche) e vado in stazione in bicicletta per comprare i biglietti per il ritorno a Reggio Emilia. Arrivo e cerco la biglietteria, ma non c’è. Chiedo informazioni e mi dicono che i biglietti si comprano dal tabaccaio-barista della stazione. Entro. Mi spiegano che lui i biglietti li fa malvolentieri perché non funziona sempre il computer e poi perché ci guadagna poco. Domando se per favore posso comprare un biglietto per Reggio Emilia. Mi risponde che me lo può fare solo fino ad Ancona perché lui vende solo biglietti regionali. Allora insisto e domando sommessamente come posso fare. Lui allarga le braccia e mi indica i selettori automatici per biglietti. Clicco e vedo un “Alba Adriatica-Reggio Emilia” e compro. Mi saltano fuori due biglietti, uno regionale per Pescara e uno da Pescara a Reggio Emilia. Ma io devo andare al Nord, perché mi si manda al Sud per poi tornare al Nord? Torno dal tabaccaio. Pretendo spiegazioni. Mi dice che l’indicazione uscita è quella di andare a Pescara, che è cinquanta chilometri a sud di Alba Adriatica, e di lì poi risalire verso Ancona, Rimini, Reggio. Insorgo e chiedo se sono tutti impazziti. Mi dicono, il tabaccaio-bigliettaio e il figlio, che non possono cambiarmi il biglietto perché li ha fatti il distributore automatico. Allora mi rassegno. Ci metterò un’ora e mezza in più. Il pomeriggio alle tre sono in stazione, una stazione oscena, con muri scrostati, scale marce, puzzo di piscia ovunque, ma il treno per Pescara ha cinquanta minuti di ritardo. Che poi arrivano a settanta. Poi c’è la comunicazione che il treno è stato soppresso. Allora, assieme a cinque simpaticissimi ragazzi che si trovavano nelle mie condizioni, andiamo al distributore automatico e compriamo i biglietti per Ancona. Ci rimettiamo venti-trenta euro. Ma, pensiamo, ce li rimborseranno. Il treno che dovevamo prendere a Pescara lo prenderemo ad Ancona. Il regionale per Ancona arriva con venti minuti di ritardo. Saliamo e ci sono sessanta-settanta gradi senza condizionatore. Sudati, stremati, sfiniti io e i miei cinque giovani amici, tra cui due musicisti, arriviamo ad Ancona dopo un’ora e mezzo di viaggio con fermate ogni dieci chilometri, e lì aspettiamo il treno che avremmo dovuto prendere a Pescara. Andiamo in biglietteria (ad Ancona esiste) e facciamo due domande (anzi faccio tutto io anche per gli altri). Prima, se ci possono rimborsare i biglietti che non abbiamo usato: quelli di Alba Adriatica-Pescara e di Pescara-Ancona. La seconda è se, prendendo il treno ad Ancona, che avremmo dovuto prendere a Pescara, abbiamo gli stessi posti riservati. Sul primo punto la gentile signora ci consegna un modulo per i reclami, che probabilmente verranno esaminati tra qualche anno. Sul secondo la stessa telefona al capo treno che ci comunica che i posti nostri sono stati assegnati ad altri. Momenti di angoscia. Sono il più vecchio e faccio coraggio ai giovani amici, tutti di Como e diretti a Milano. Dopo mezz’ora ci comunicano che i posti sono cambiati, ma ci sono. Attendiamo il treno che arriva con mezz’ora di ritardo. Finalmente entriamo e c’è l’aria condizionata. Stupendo. Facciamo due chilometri, poi il treno si ferma. Comunicazione ufficiale. Un treno che ci precede si è bloccato per un guasto al motore. Arriveremo? Si ma solo dopo otto ore e mezza. Da Alba Adriatica a Reggio Emilia. In bicicletta ci si impiega di meno. Adesso capisco perché c’è gente che preferisce l’auto. E gli stranieri non vengono in Italia…