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Variante Di Lello

In un’intervista al Corriere della sera Marco Di Lello annuncia la sua scelta personale. Per lui altro non c’è che aderire al Pd. Marco annuncia che a settembre proporrà questa sua posizione a tutto il partito, ma se non verrà accolta ugualmente sceglierà di approdare nel Partito democratico. Intanto non si capisce perché a settembre. Non mi risulta che sia convocato un congresso (si svolgerà a fine anno) e non so a chi Di Lello proporrà la sua nuova linea, finora mai prospettata, almeno così esplicitamente, in nessun organo di partito. Se Di Lello intende, come sostiene, portare all’interno del Pd “gli eredi della tradizione socialista” dovrebbe portarci il Psi, non già se stesso o la sua associazione o forse un altro deputato.

Di Lello annuncia che invierà una lettera. Strano modo di confrontarsi. Attende risposte scritte o via mail? La conseguenza del suo ragionamento appare infatti paradossale. Egli proporrà agli iscritti questa posizione, cioè l’immediata confluenza nel Pd, ma se il partito (sempre via lettera) la rifiutasse allora la praticherà ugualmente. Inusuale regola della democrazia in un partito. Tanto vale che l’assorbimento avvenga dunque a prescindere. Risparmiando i francobolli. Come infatti giudicare un percorso simile? Quale rispetto per gli iscritti, i militanti, i dirigenti del Psi, che diventano semplicemente una variabile marginale di una prospettiva già fissata? Ricettacoli di un annuncio più che protagonisti di un confronto…

E come non valutare la coerenza col mandato ricevuto, non dal popolo, e nemmeno dal Pd, nonostante i socialisti siano stati ospitati nella sua lista, ma dal Psi che quei nomi, compreso quello di Marco Di Lello, ha scelto di inserire. Finora pensavo che il dissenso nella nostra piccola comunità fosse derivato dalla mancata candidatura alle politiche degli attuali dissidenti. Adesso prendo atto che invece esiste una nuova categoria di dissidenti, anzi posso dire di scissionisti annunciati, e cioè quella degli eletti che, anche per ragioni personali di futura sopravvivenza, voltano le spalle a chi li ha designati. La prima categoria potremmo definirla dei delusi, la seconda degli ingrati.

Noi adesso lo sappiamo. Quando Marco si presenterà a noi, noi faremo a meno di parlargli per convincerlo, perché lui ha già deciso. Se ci scriverà non gli risponderemo perché non servirebbe a fargli cambiare idea. Ci abbandonerà solo o con un altro deputato? Noi lo saluteremo senza negargli il nostro affetto perché non siamo mai stati comunisti e non diamo dei traditori a chi lascia il nostro partito. Lo faremo con qualche rimpianto per avergli dato la nostra fiducia e per avere pensato che verso di noi avrebbe dovuto manifestare gratitudine e quel rispetto che invece sono mancati.

Dirà che la sua scelta è solo politica. Ma su, non diciamo bugie, non facciamo i Pinocchio. Che scelta politica sarebbe mai quelle compiuta da un deputato, forse due, che si apprestano ad aderire a un gruppo di trecento? Che scelta politica sarebbe mai quella di inserire nel robusto anche se frastagliato corpo del Pd qualche fogliolina invisibile di radice socialista? Lo dico anche con tristezza, perché verso Marco personalmente non sono mai mancate da parte mia sincere manifestazioni di affetto, di simpatia e anche di stima, ma che impatto mai potrà avere un’adesione uti singuli a un partito del 30-40 per cento? Vedremo Marco agli ingressi delle feste dell’Unità, sotto l’effige di Berlinguer, e lo saluteremo, sono sicuro, anche con qualche punta di rimpianto, ma da parte sua…