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Marinate

Sono pronto ad ascoltare tutte le rivelazioni annunciate dall’ex sindaco Ignazio Marino. Ad ascoltarle e se è il caso anche a condividerle. Avevo conosciuto Marino come senatore del Pd, molto impegnato sui temi della libertà delle persone e in particolare sul tema del fine vita, proprio a Chianciano, quando, nel giugno del 2008, con Marco Pannella organizzammo l’assemblea dei mille. Poi ci incontrammo più volte alle riunioni successive alle quali partecipò, tra gli altri, anche Gianni Cuperlo. Mi era apparsa una persona estremamente competente e sensibile a una questione che ai socialisti stava a cuore: la laicità dello Stato. Quando Ignazio si candidó alla segreteria del Pd molti amici e compagni ex riformisti appoggiarono la sua candidatura e molti di noi guardarono ad essa con fiducia e speranza.

Nulla che non siano le contraddizioni, le incertezze, le inadeguatezze, le superficialità che sono emerse durante questo suo biennio di sindaco della capitale, può impedirci di difenderlo a spada tratta. Dunque ben vengano le rivelazioni sui mandanti delle nomine di Corati e Odevaine, su eventuali inaccettabili condizionamenti di partito, sulle versioni errate dei suoi viaggi in America, su possibili fraintendimenti dei suoi scontrini. Ben vengano spiegazioni e magari anche rivelazioni che chiariscano le sue responsabilità e quella degli altri. Resta il fatto che le rivelazioni è sempre meglio farle prima e non dopo aver perso il potere. Perché, se no, diventano molto più deboli, meno credibili. E anche per il fatto che si sarebbero taciute se si fosse mantenuta la posizione di partenza.

Meglio se Marino avesse separato se stesso da pesi insopportabili quando qualcuno pretendeva di imporli, e non dopo che quei pesi sono stati scaricati, non per sua scelta. Qualsiasi cosa oggi dicesse Marino verrà inevitabilmente interpretata come vendetta verso chi gli ha tolto l’appoggio. Perché di questo si tratta. Marino non si è dimesso. Marino è stato fatto dimettere. Avrebbe potuto presentarsi in Consiglio comunale ed essere sfiduciato dalla sua stessa maggioranza. Non l’ha fatto e ha anticipato di un giorno il suo addio, condito con un paradossale possibile ritiro delle dimissioni non si capisce alla luce di quale novità. Resta per me misterioso il fatto delle sue mancate dimissioni dopo l’esplosione di Mafia capitale. Era allora il momento delle rivelazioni e della sua completa separazione dalle responsabilità altrui. Bastava dichiarare che il suo compito di moralizzatore era finito. Che non poteva restare un minuto di più perché aveva dovuto farsi carico del peso di assessori e dirigenti raccomandanti da altri e che erano finiti nei guai. Sarebbe uscito da trionfatore. Adesso esce da sconfitto, e me ne dispiace.