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Io sto con Hollande

Diciamolo e scriviamolo tutti. Io sto con Hollande. Col presidente socialista che ha saputo risuscitare lo spirito di combattimento e di reazione della Francia della rivoluzione dell’Ottantanove, che ha saputo suscitare l’unità nazionale e sentimenti di orgoglio e di forte dignità. Sto con Hollande, col presidente socialista, anche se parla di guerra, di vendetta, di atteggiamento impietoso e di leggi speciali. Non con chi contesta questo lessico e invita alla prudenza. Sto con la Francia che reagisce anche militarmente perché è stata attaccata e deve dimostrare ai suoi cittadini che il sangue versato non resta senza risposta e ai terroristi che i loro attacchi portano alla loro distruzione. Sto con la Francia che accetta unitariamente di cambiare la costituzione e di attrezzarsi a una fase di emergenza.

Anche nel lessico si possono trovare sostanziali divisioni politiche. La Francia usa parole dure, estreme, mai adoperate in passato. Ma derivano dalla situazione che è nuova, gravissima, eccezionale. Si può anche non condividerne l’esame, ma non si può far finta di niente. Generare tranquillità e moderazione. E proclamare il contrario della guerra, e cioè la pace, la pace dei sepolcri, come nel Don Carlos di Verdi il marchese Rodrigo di Posa definisce la conseguenza dell’atteggiamento del re. La pace con chi ci ha dichiarato guerra è l’abdicazione, è la resa, è la sconfitta. Diciamo la verità. Se tutto il mondo combattesse queste poche decine di migliaia di terroristi non ci sarebbe partita. Invece solo Putin è sceso decisamente in campo contro i terroristi, mentre Obama s’è collocato a metà strada tra Assad e l’Isis.

Pare che dall’incontro tra Obama e Putin sia emersa la novità di un Assad che uscirebbe di scena da solo. Favorendo così un’intesa tra Usa e Russia, che è fondamentale per la creazione di una forza multinazionale in grado di sconfiggere l’Isis. Già mettere sullo stesso piano Assad e l’Isis è discutibile, perché Assad non ci ha attaccato e l’Isis si. Ma meglio che anche Assad se ne vada se l’intesa può essere più facilmente raggiunta. Vi sarebbe un dittatore in meno. Il problema semmai è sapere subito con chi sostituirlo. Resta il tema degli aiuti finanziari, attraverso l’acquisto del petrolio di contrabbando, da parte di diversi enti, aziende, attività economiche di paesi anche occidentali, oltre che arabi. La denuncia di Putin non può non trovare una ferma risposta. Gli stati canaglia, consapevoli o no, sarebbero ben quaranta. Nessuno può dare né un soldo né un uomo all’Isis senza essere considerato nostro nemico.

Resta, anche dopo Parigi, questa opzione americana contraria all’iniziativa di terra, nonostante le opinioni dei francesi. Non sono uno stratega militare. Ma è evidente che senza un’invasione di terra non si conquistano i territori. Eppure ancora Obama esclude questa evenienza. Può anche essere, lo ha sostenuto, Massimo D’Alema, che da tempo sostiene l’inevitabilità di un intervento di terra, che non servano soldati occidentali ed europei, ma basterebbero i curdi bene armati e sorretti da un’azione di cielo. Altri ritengono che basterebbero una o al massimo due brigate. Quello che non è accettabile è tentennare, rinviare al prossimo vertice, approfondire per mesi ciò che Hollande e la Francia rivendicano come immediata e doverosa risposta per essere stati attaccati. E cioè l’immediata discesa in guerra di tutti gli alleati nelle forme che gli strateghi militari indicheranno come le più idonee. Dal Daesh o stato islamico partono gli attacchi e le stragi. Lasciarlo ancora in vita e a lungo aiuta a generare altre stragi. Consentirlo diventa complicità.