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Alla guerra coi dvd?

L’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta da Parigi, ove si è rifugiato anche a seguito del dominio incontrastato del suo successore in Italia, ammonisce il nostro Paese a stare dalla parte della Francia. Marcando così un suo netto dissenso dalle posizioni assunte da Renzi a proposito della guerra al terrorismo. Pur essendo un sostenitore del governo Renzi, per quanto ha fatto in materia di riforme economiche e sociali e anche per il piglio mostrato in tema di riforme istituzionali, continuo a scrivere fondi dell’Avanti per esprimere perplessità motivate sul comportamento dell’Italia dopo le stragi di Parigi.

Il presidente del Consiglio d’Oltralpe Valls ha testualmente risposto così a un giornalista italiano che gli chiedeva se il suo governo fosse soddisfatto della posizione assunta dall’Italia: “Cosa succederebbe se gli rispondessi di no?”. Adesso il quadro si sta facendo ancora più chiaro e le alleanze militari per combattere l’Isis e il Daesh delineeranno anche il futuro dell’Europa e del mondo. Vediamo di capire cosa sta avvenendo. Hollande ha decisamente preso l’iniziativa per coagulare attorno alla Francia una solidarietà attiva delle grandi nazioni europee raccogliendo l’adesione congiunta della Gran Bretagna, pronta a bombardare il Daesh, e della Germania, pronta a inviare i suoi tornado in Siria e Iraq, dopo avere già mandato 650 uomini in Mali. Poi ha aperto un ponte a Putin e alla Russia, per formare una grande coalizione antiterrorismo, che sarà sostenuta anche dagli Usa, ma coi limiti militari e politici conosciuti (l’obiezione di fondo riguarda il ruolo di Assad).

In tutto questo non si comprende né il ruolo dell’Italia né quello dell’Unione Europea, che vede un’italiana rivestire le funzioni di commissario alla politica estera. Diciamo che le funzioni dell’Unione europea sono state oggi assunte dalla alleanza franco-tedesca-britannica, aperta alla Russia. Concentriamoci su una inoppugnabile verità, e cioè che la battaglia al terrorismo non può esimersi dalla sottrazione di un territorio, peraltro vasto, al terrorismo stesso. Dunque non può prescindere dall’occupazione del cosiddetto Stato islamico o Daesh, dal quale si diffondono finanziamenti, strategie, obiettivi e spesso anche uomini per colpire l’Europa. E assumiamo anche la consapevolezza che solo coi bombardamenti, peraltro cruenti e quasi mai chirurgici, non si risolve il problema. L’idea di formare una vasta coalizione come quella che si sta creando, dunque anche con il consenso e la partecipazione coordinata (Putin ha accettato il coordinamento) della Russia, può ottenere questo obiettivo.

Gli strateghi militari sostengono che l’azione di terra dovrà essere opera dei curdi e di forze locali sorrette dagli aerei occidentali. A trenta chilometri da Raqqa sostano con il proposito di attacco le truppe curde e siriane. La grande alleanza dovrà risolvere il tema della sostituzione di Assad, dovrà remunerare i curdi con riconosciute autonomie territoriali, dovrà convincere la Turchia ad accettarle, ma soprattuto dovrà superare l’embargo, oggi quanto mai ingiustificato, verso la Russia. Si va delineando un nuovo quadro internazionale. Ma il problema è sapere quale ruolo l’Italia si vuole riservare. Dopo la beffa libica, con la nomina di un mediatore tedesco, quali altre diminutio capitis attendono il nostro Paese, che certo è impegnato militarmente con ben seimila uomini negli scenari di guerra, solo con funzioni di difesa e di istruzione, ma che dopo le stragi di Parigi non intende muovere un dito? Intende l’Italia davvero combattere questa guerra coi Dvd per i diciottenni e andando in giro a sostenere che il terrorismo si batte anche con la cultura? Che è vero se quell’anche non significa solo. Altrimenti diventa un pretesto e anche stupido di sottrarsi a dei doveri.