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La perfida Albione

Non è a Mussolini che deve essere attribuita questa definizione, ma al Marchese Agostino di Ximenes, un francese di origine spagnola, autore alla fine del Settecento di un verso che recitava: “Attacchiamo la perfida Albione nelle sue acque”. Erano assai lontani i tempi dell’Unione europea e dell’euro e i paesi europei si ritrovarono a fronteggiare diverse guerre, tra le quali quella che oppose proprio la flotta inglese a Napoleone nelle acque di Trafalgar, fino ai due conflitti mondiali. Il regno unito ha conosciuto la guerra d’indipendenza irlandese, il conflitto ventennale del Nord Irlanda, le tensioni indipendentiste scozzesi. Oggi rischia di sfaldarsi e l’uscita del Regno unito dall’Europa potrebbe perfino produrre un’ulteriore scissione, quella della Scozia e degli altri partner che in Europa intendono invece restare.

La Brexit apre un nuovo capitolo politico, economico, geografico. In crisi è finito il governo e Camerun ha subito l’onta di una sconsiderata scommessa persa. Il suo partito è in preda a una guerra di successione pilotata dal cinico Boris Johnson. Il Labour non sta meglio. Corbyn e la sua indifferenza al referendum è oggetto della contestazione non solo dei suoi storici avversari post blairiani, ma anche dei marcati rimproveri dei suoi stessi sostenitori. Hillary Benny lo ha definito “una brava persona, ma non un leader”. Ce n’eravamo accorti. La Brexit ha scatenato un esercito di pentiti. In due milioni vorrebbero rivotare. Eppure gli inglesi, padri del positivismo, avevano formulato un interrogativo che più semplice non si può: Remain o Leave? Chissà cosa potrebbero dire del quesito che verrà prodotto in occasione del nostro referendum costituzionale….

La Brexit può scatenare, lo sta già facendo, una commistione negli altri paesi del Regno unito di europeismo e indipendentismo, riciclando così anche l’opinione espressa dagli scozzesi nel recente referendum sul distacco da Londra. Il secondo effetto sarà sui mercati. Che fine faranno le banche straniere sul suolo britannico, come verranno considerati i non inglesi che vi lavorano, e come gli inglesi che lavorano all’estero divenuti improvvisamente extra comunitari? E che conseguenze subirà l’industria britannica nell’esportazione dei suoi prodotti? Vedremo. Ma c’è un terzo possibile effetto, questo positivo, e riguarda il ripensamento dell’Europa che abbiamo conosciuto. Lo scrive lucidamente oggi Giorgio La Malfa che chiude con una amara considerazione sulla necessità di tornare ai vecchi equilibri di potere nazionali e non all’obiettivo di creare più Europa.

Resta la sua considerazione che è oggi quanto mai veritiera. L’Europa non poteva cominciare con la moneta unica (i britannici avevano scelto di continuare con la sterlina), ma con un progressivo processo di integrazione politica. Dirla adesso è facile. Certo la Brexit segna un punto di non ritorno, non solo per i britannici. E si prospetta come un test sul quale riflettere. Sia sui motivi che l’hanno determinata e sia sui risultati che produrrà. Se saranno solo negativi allora anche gli indipendentisti francesi, olandesi, italiani, che paiono i piú agguerriti (in Spagna il voto segnala la prevalenza di altra opinione) dovranno darsi una calmata. Altrimenti prenderanmo piede le tendenze antieuropeiste con maggior vigore. Soprattutto nei paesi, come appunto Francia e Italia, dove questa Europa non ha segnalato vantaggi ma solo sacrifici. L’Europa deve scommettere sul fallimento britannico….