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Creare il nuovo soggetto liberalsocialista

Tra ieri e oggi, mentre l’orecchio era teso a raccogliere notizie sulla nuova strage di Monaco, abbiamo avviato, Giovanni Negri ed io, un confronto ideale e politico, tra Bologna e Reggio Emilia, alla luce dell’appello sottoscritto da entrambi e rivolto al mondo radicale e socialista. Il primo pensiero, a mio giudizio, va rivolto alla possibilità, anzi all’ineludibilità di un inizio o, se la frase non fosse già stata usata e in parte abusata, di un nuovo inizio. Questo riguarda innanzitutto i radicali, oggi alle prese con la complicata fase del dopo Pannella, che potrebbe o preludere a una fine imminente dopo una vischioso, litigioso, autolesionistico percorso di maturazione, oppure aprire un nuovo tempo di contaminazione e di rilancio. Ma questo riguarda anche il mondo socialista che dopo la morte (prima politica e poi fisica) di Craxi non ha saputo individuare un approdo accettabile.

L’unico momento felice del travagliato percorso socialista, in questo tenebroso ventennio, è stato quello contrassegnato dall’esperienza della Rosa nel pugno, cioè proprio dall’incontro col mondo radicale. A quest’ultimo fine, non alla trasposizione meccanica della Rosa nel pugno, ma alla ripresa dei suoi caratteri distintivi, tende l’iniziativa di Giovanni Negri con la sua Mariannna, nemmeno lontana parente della renziana Leopolda, che mette radici nel mondo radicale, ma si apre a nuovi compagni di strada e innanzitutto al mondo socialista. Ben strano il sistema politico italiano, dove le due culture perdenti, quella comunista e quella democristiana, sopravvivono nei partiti, nei personaggi, nei simboli della cosiddetta seconda repubblica mai nata. Questo nel Pd, dove si alternano i riferimenti a Berlinguer e a Moro, e mentre Renzi oggi stabilisce intese con la Coldiretti, la Confindustria, la Confcommercio e la Cisl, rinverdendo il tradizionale blocco sociale della balena bianca, al suo opposto si agitano i vecchi esponenti della liturgia post comunista. Che dire del versante opposto? Parisi vorrebbe rilanciare Forza Italia come soggetto insieme liberale e popolare. Non si accorge, se l’aggettivo popolare è riferito al popolarismo europeo, della difficile, se non impossibile conciliazione delle due prospettive?

La mia opinione è che la guerra dell’oscurantismo islamista richieda la difesa e il rilancio della cultura liberale, e che la crisi economica richieda la difesa e il rilancio di quella socialista riformista. Il sistema politico italiano non è all’altezza di questa duplice sfida, il salvinismo è il risultato a cui tendono le iniziative del terrorismo islamico. Considerare tutto il mondo musulmano nemico è esattamente quel che vuole l’Isis. E cioè unificarlo e proiettarlo contro il nostro mondo. Il grillismo è il variegato e comodo rifugio dell’opposizione che poi è destinata a inciampare nel governo delle difficoltà e dei drammi incipienti. Che non è all’altezza della nuova drammatica sfida. Che demonizza la politica bassa, ma non contribuisce ad innalzarla.

Occorre invece alzare il livello della politica. E’ diventato troppo basso. Non può reggere di fronte alla guerra e alla disoccupazione. Il debito italiano continua a lievitare e oggi è dato al 135 per cento sul Pil. Il fallimento è quello di partiti senza identità, senza storia, senza anima, senza cuore, senza passione. Se, come credo, siamo avviati a un azzeramento, allora bisogna pensare alla ricostruzione. E anche in tempi brevi. Al di fuori di patriottismi e revanscismi, di impossibili ritorni al passato. L’idea di fondo è rilanciare la politica come identità (che non significa ideologia). E dare voce a quella liberalsocialista perché questa oggi è necessaria non solo a coloro che ad essa si richiamano, ma perché essa è indispensabile all’Italia, all’Europa. Si tratta di un tentativo difficile, qualcuno lo giudica improbo, ma è il solo che possa contribuire ancora a motivare il nostro impegno.