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Un vaffa ai dirigenti e giornalisti Rai

Filtrano i nomi, a poche ore dalla pubblicazione on line, degli stipendi dei dirigenti e giornalisti Rai, alla luce del piano trasparenza di Viale Mazzini. Così apprendiamo che l’amministratore delegato Campo Dall’Orto percepisce un compenso annuo di 650mila euro, sei volte lo stipendio di un parlamentare, cinque volte quello di un ministro, quattro volte il compenso del presidente della Repubblica. Il presidente della Rai pubblica Antonio Marano si mette in tasca 360mila euro, il capo delle Finanze Rai Raffaele Agrusti 350mila euro, il responsabile Palinsesti Giancarlo Leone 340mila euro, il presidente Rai Monica Maggioni, e si tratta di un incarico politico, ben 336mila. Il direttore del Tg1 Mario Orfeo guadagna 310mila euro, la direttrice di Rai due Ilaria Dallatana 300mila puliti e così la dolce Daria Bignardi, direttrice di Rai tre. Bianca Berlinguer, poverina, è ferma a 270mila.

Poi si scende non di molto. L’editorialista Francesco Merlo, ad esempio, molto orientato a denunciare i costi della politica, incassa 230mila euro per una consulenza, ma ha già una ottima pensione. La somma non dovrebbe essere inferiore a quattro volte lo stipendio di un deprecabile deputato. L’on. Brunetta, a cui Merlo ha dedicato un libro pepato, adesso vuole tirar fuori anche gli stipendi e i compensi pagati dalla Rai agli uomini di spettacolo. Molti chiedono di sapere a quanto ammonti il compenso percepito da Massimo Giletti, il grande moralizzatore sempre abbronzato in Costa Smeralda. L’uomo che più di ogni altro ha messo sotto la lente d’ingrandimento i vitalizi dei parlamentari. Fonti bene informate mi parlano di una cifra superiore a quella di Campo Dall’Orto. Vedremo.

Certo, si dice, un dirigente Rai ha un’enorme responsabilità pubblica. Ma perché, un parlamentare, un ministro, il presidente del Consiglio, non ce l’hanno? Non hanno forse ancora più responsabilità visto che sono chiamati a guidare un paese? Si dice però che i primi svolgano questa attività come un lavoro, mentre i parlamentari spesso sommano al compenso parlamentare quello della professione. Intanto non è sempre vero. La mia generazione, ad esempio, ha sacrificato e anche abbandonato la professione per fare politica. Poi non è sempre vero che i dirigenti Rai non abbiano altre entrate ed è quasi sempre vero che i giornalisti, quelli profumatamente pagati dal servizio pubblico, hanno altri stipendi, consulenze e pensioni. Si dice ancora: ma i giornalisti possono, con l’audience, procurare gettito alla Rai. Vero, ma allora si paghino a percentuale ma, visto l’andamento del servizio pubblico, sempre in passivo, si può anche tranquillamente sostenere che costoro sono pagati due volte da noi: attraverso il canone e attraverso la finanza pubblica

Resta l’ipocrisia, la faccia tosta di costoro, il moralismo d’accatto di chi si dovrebbe invece vergognare. E’ vero, nella crisi che stiamo vivendo tutti, coloro che hanno un buon reddito dovrebbero fare un sacrificio. Personalmente non mi scandalizzerei se mi venisse richiesto un contributo di solidarietà. Lo riterrei, anzi, un atto giusto, doveroso. Ma che io venga messo sul banco degli imputati per una pensione-vitalizio percepito come unico reddito (non ne ho altri e quel che faccio lo faccio gratuitamente) che è inferiore ai 45mila euro l’anno da chi ne percepisce 600 o addirittura 800 (e si tratta pur sempre di soldi pubblici) questa la ritengo un’offesa al buon senso. Anzi a coloro che percepiscono in assoluta coscienza cifre esorbitanti e chiedono solo agli altri, che ne percepiscono enormemente di meno, di fare sacrifici io indirizzo quel vaffa che Grillo ha mandato a tutti noi. Con gli interessi.