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Il gran rifiuto della sindaca

Prima la Raggi, che ancora non ha sostituito gli assessori della sua giunta, non si presenta all’incontro con il presidente del Coni Malagò (che stile…), poi convoca una conferenza stampa in cui annuncia il rifiuto di Roma a candidarsi per le Olimpiadi del 2024. Si tratta di una scelta ideologica che unisce i Cinque stelle un po’ come l’articolo 18 univa la Cgil. Non mi viene nella memoria un precedente di tal genere, visto che sempre i sindaci hanno appoggiato le candidature a organizzare i giochi avanzate dai rispettivi comitati. Ricordo solo quello della Colombia, che in preda alla guerra civile e al narcotraffico, si dileguò dalla già aggiudicata promozione dei Campionati del mondo di calcio del 1986, che furono poi aggiudicati per la seconda volta dal Messico, che già li aveva organizzati nel 1970.

Per il resto che dire? Ricordo che Londra ha organizzato tre Olimpiadi (nel 1908, nel 1948 e nel 2012), che Parigi ne ha messo nel paniere due (nel 1900 e nel 1924 e adesso si propone per la terza), che Los Angeles ne ha ufficializzato due (nel 1932 e nel 1984 e adesso si propone per la terza), che la Germania ne ha svolte altre due (Berlino nel 1936 e Monaco nel 1972), che perfino l’Australia ne ha messe a segno due (a Melbourne nel 1956 e a Sidney nel 2000), come anche Atene, nel 1896, e furono le prime dell’era moderna, e poi nel 2004. Solo l’Italia non se la sente di fare il bis e dopo Roma 1960 rinuncia alla seconda.

Niente di male se la motivazione fosse convincente o anche solo plausibile. Ma il motivo del gran rifiuto è assurdo e anche autolesionistico. Roma non può candidarsi a promuovere i giochi a cinque cerchi perchè c’è il rischio della corruzione e dei debiti. In tutto il mondo si riderà di noi e anche dei Cinque stelle che evidentemente confessano di non riuscire a combattere e a vincere la corruzione pur avendo nelle loro mani la città. E poi perchè la corruzione dovrebbe far capolino solo in occasione delle Olimpiadi e non in altre opere pubbliche? Se cosi fosse allora i grillini sono intenzionati a rinunciare a tutte le opere pubbliche? E che ci stava a fare allora la Raggi da Delrio, ministro delle Infrastrutture, quando Malagò l’aspettava invano per l’incontro? Chiedeva al ministro di non stanziare risorse per le opere pubbliche romane per paura della corruzione?

Il piano Malagò, illustrato nei dettagli, non pretendeva risorse dal comune di Roma e certo non avrebbe prodotto un euro di debiti ai romani. Al Governo si chiedeva un contributo di 800 milioni all’anno per dieci anni già assicurato, poi c’erano risorse Cio e sponsor privati. Il piano, oltrettutto, avrebbe risolto molti problemi ai romani. Diversi impianti, anche quelli delle periferie, sarebbero stati recuperati cosi come il vecchio Flaminio che oggi giace in condizioni disastrose. Decine di migliaia tra atleti e supporter sarebbero arrivati nell’Urbe, e il tutto avrebbe indubbiamente portato a un aumento di Pil. Anche Pallotta, proprietario della Roma, avrebbe messo a disposizione il suo nuovo impianto. A proposito, al nuovo stadio della Roma la Raggi ha detto sì. La corruzione lì è esclusa per via della proprieta americana forse… Siamo alle comiche. Roma rifiuta corposi investimenti senza doverci mettere un euro. Ma stavolta è l’Italia tutta che ci rimette, mentre il comune di Roma dovrà sborsare 15 milioni di penale. Arridatece Marino, di pranzi spendeva molto meno…