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Il Grande occhio di Occhionero

11 Gennaio 2017 1.086 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Due fratelli quarantenni, uno già gran maestro di una Loggia massonica, spiavano, grazie a un virus iniettato nella posta elettronica, ben 18mila personalità del mondo politico, economico, finanziario, culturale, semplici cittadini. Per di più il loro cognome è Occhionero, e sembra quasi un codice. A cosa fosse finalizzata questa maxi operazione di spionaggio, se sia stato esso funzionale a qualche servizio straniero, a qualche interesse italiano, a semplice curiosità voyeristica, magari con scopo ricattatorio, ancora non sappiamo.

Sappiamo però ormai una cosa. E cioè che siamo tutti spiabili. Che il nostro mondo informatizzato, con le nostre telefonate, le nostre mail, i nostri messaggi, i post sui social, anche quelli cancellati, ha abolito l’intimità, ha dissacrato i segreti. Sappiamo che ogni nostra relazione, anche anche la più delicata, può essere resa pubblica. E sappiamo, nel contempo, che per scoperchiare i nostri rapporti non serve la potenza di un sofisticato servizio, ma bastano due persone dotate di qualche esperienza, intelligenza, curiosità.

E’ incredibile il numero degli intercettati. E i loro nomi vanno dall’ex presidente del Consiglio Renzi al presidente della Bce Draghi, passando attraverso l’ex presidente Monti e una miriade disordinata dì uomini politici, da Larussa, a Cicchitto, a Fassino. C’è anche Michela Brambilla ed é difficile capire perché. Non compaiono invece né Berlusconi, né Grillo. Sul primo il motivo dell’esenzione pare scontato. E’ stato il politico più intercettato, spiato, inquisito della storia. Non c’è probabilmente più nulla che non sia già stato svelato, dalla sua vita sessuale, amorosa, dai suoi piatti preferiti ai testi delle sue canzoni.

Per Grillo, che di Internet ha fatto un credo, basta e avanza sentire Casaleggio che possiede le chiavi del suo sistema politico. E poi, dopo il caso Farage, Alde, andata e ritorno, gli scandali e le follie della giunta Raggi, le espulsioni e le esenzioni, le crociate e le revisioni, cosa c’è da scoprire più di quel che si è già pubblicamente consumato? Resta un pensiero. Che non tutto il male venga per nuocere e che nella nostra vita si riscopra il culto della parola parlata. Basta con le mail e gli sms, che vengono spesso caricati con sigle e slogan confezionati. Si ritorni ai contatti personali e, chissà, anche alle lettere scritte a penna. Quelle che un tempo, si parlasse di affari o di politica o di amore, facevano scattare il ragionamento e il sentimento. Un brusco risveglio nella società di quarant’anni fa. Un romantico deja vu, che pareva scomparso. E con esso il ritorno al culto della lingua italiana, oggi smarrita in un linguaggio informatizzato astruso e meccanico.

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