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Caso Regeni. Tutto sembra chiaro

25 Gennaio 2017 814 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Sono apparse le ultime immagini di Giulio Regeni, impegnato nel dialogo con il capo sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, che ha confessato di averlo ritenuto una spia e di averlo poi denunciato, mentre nella registrazione emerge la sua richiesta di soldi, dopo essere venuto a conoscenza delle 10mila sterline messe a disposizione di Regeni dalla Fondazione britannica Antipode ai fini di un progetto sull’inclusione sociale. La verità è che il povero Regeni era già seguito dai servizi egiziani da settimane, forse da mesi. Era stato inviato al Cairo per una ricerca sui sindacati dall’Università di Cambridge, una iniziativa la cui pericolosità é stata quanto meno sottovalutata, essendo l’Egitto alle prese con una spietata dittatura militare, guidata dal generale Al Sisi, dopo il colpo di stato che ha portato alla eliminazione del governo Morsi, insediatosi a seguito delle elezioni vinte dai Fratelli musulmani.

Regeni era un giovane colto e impegnato, vincitore per due volte del premio “Europa e giovani” proprio per le sue ricerche sul Medio Oriente, aveva lavorato presso l’Organizzazione delle Nazioni unite e stava conseguendo un dottorato di ricerca presso il Girton College. Adesso abbiamo anche le sue ultime immagini e le sua ultime parole pronunciate prima di quel 25 gennaio del 2016, anniversario della primavera egiziana del 2011. Proprio il 25 gennaio del 2016, un anno fa, Regeni stava recandosi in piazza Tarhir per poi andare a festeggiare il compleanno di un amico. E quella piazza era già stato teatro di scontri cruenti e di morte in occasione di precedenti manifestazioni. Che Regeni sia stato arrestato poco dopo, da un gruppo di persone ben attrezzate ed esperte, tanto da non dare nell’occhio e che poi sia stato pestato, torturato e ucciso, lo testimoniano i segni lasciati sul suo cadavere, rintracciato il 3 febbraio successivo sulla strada che dal Cairo porta verso Alessandria.

Il corpo recuperato mostrava segni compatibili con ipotesi di sottoposizione a tortura: contusioni e abrasioni in più parti, come quelle tipicamente causate da un grave pestaggio, lividi estesi non incompatibili con lesioni da calci, pugni ed aggressione con un bastone. Si contarono più di due dozzine di fratture ossee, tra cui sette costole, tutte le dita di mani e piedi, così come gambe, braccia e scapole, oltre a cinque denti. Si riscontrarono coltellate multiple sul corpo, comprese le piante dei piedi, probabilmente inferte con un rompighiaccio o uno strumento simile a un punteruolo. Vi erano inoltre numerosi tagli, su tutto il corpo, causati da uno strumento simile ad un rasoio. Si sono altresì riscontrate estese bruciature di sigarette, nonché una bruciatura più grande tra le scapole e incisioni somiglianti a vere e proprie lettere; l’esame autoptico rivelava una emorragia cerebrale e una vertebra cervicale spezzata a seguito di torsione del collo che sarebbe la causa ultima della morte.

Secondo accuse molto circostanziate fornite dagli oppositori militari e civili del governo Al Sisi, e confermate nel servizio televisivo andato in onda ieri sera su Rai tre, Giulio sarebbe stato prelevato dai servizi segreti civili e poi torturato su ordine del ministero dell’Interno (Al Sisi ne sarebbe stato dunque a conoscenza), poi trasportato nel carcere dei servizi segreti militari che avrebbero continuato l’opera. Dopo la sua morte, nel contrasto tra i due servizi può giustificarsi la scelta di non avere eliminato il corpo, ma di averlo deposto nel fossato tra il Cairo e Alessandria. Quel che appare certo è che in Egitto esiste la tortura di stato, che il governo la applica agli oppositori e anche ai solo sospettati di esserlo. Foto raccapriccianti di giovani col corpo e la faccia deturpata e in fin di vita sono state diffuse. Sono centinaia, forse migliaia i desaparecidos, nei soli mesi di permanenza di Regeni al Cairo sarebbero state massacrate oltre 400 persone.

Mi chiedo se la comunità internazionale, e in essa il governo italiano, può rimanere immobile di fronte alle notizie di tali atrocità. Che c’entrano con la guerra all’Isis e al terrorismo islamico? Regeni poteva mai essere considerato un sospetto islamista? E da cosa hanno avvertito il bisogno di difendersi i servizi egiziani? Da una presunta spia di un paese occidentale? L’Italia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti? Tutti paesi dei quali il governo Al Sisi si dice amico. Penso che il ministro Alfano abbia fatto bene a dichiarare di voler andare fino in fondo. L’Italia non può farsi prendere in giro e nemmeno restare immobile e silenziosa di fronte a un regime che viene descritto così crudele. Altro che Desert freedom. Se un paese usa la tortura e l’omicidio per consolidare la sua forza non può essere amico dell’Italia. Alfano smentisca coi fatti l’idea che circola, secondo la quale il nostro paese non ha alcun interesse a scoprire la verità perché poi non saprebbe cosa fare…

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