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Adesso si contendono gli ex comunisti

22 Febbraio 2017 762 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Li capisco. La scissione, con l’esclusione dell’ex socialista Epifani, ha un’unica matrice: quella ex comunista. Dicono che troveranno il modo di chiamarsi Diesse. Vuoi vedere che useranno anche il termine socialista, come vorrebbe Enrico Rossi? Democratici e socialisti? Non credo. Sia Renzi sia Bersani intendono inseguire i militanti e gli elettori che avevano in testa un legame con uno sviluppo progressivo e coerente. Quando parlavano del partito e si vantavano di non averlo mai tradito intendevano il Pci, Pds, Diesse, Pd. Avvinti da un legame di conseguenza. Come se il partito successivo fosse figlio di quello precedente.

Così, mentre anche Errani, dopo il terremoto del centro Italia, pare seguire il sommovimento politico del suo corregionale Bersani, e mentre Emiliano conferma che la politica non la si può iniziare a cinquant’anni e finirà bruciato da entrambi i partiti, é iniziata la serrata corte ai comunisti, agli ex o post comunisti. Così entrambi non smettono di citare Berlinguer, mentre L’Unità, giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924 in forte polemica con l’Avanti, pare aver trovato le risorse per tirare a campare con tanto di ringraziamenti a Renzi del direttore Staino.

Se la scissione partorirà due partiti che si contendono l’eredità comunista, mentre anche Sinistra italiana pare che a quella storia intenda ispirarsi come ovviamente Rifondazione comunista e i comunisti italiani e perfino il piccolo partito leninista del nerboruto Rizzo, saremmo davvero al paradosso dei paradossi. Già abbiamo ironizzato sui ritratti (di Gramsci, Berlinguer, Moro e Nilde Iotti) che campeggiano in una storica sezione romana del Pd. Così, il Pd, socialista in Europa, democratico in Italia e dal passato comunista e in parte democristiano, si confronterebbe con il nuovo partito, che pare voglia definirsi socialista, nella versione di Rossi, senza essere nel partito socialista europeo, e con un passato esclusivamente comunista.

Il muro di Berlino in Italia, lo sappiamo, é caduto all’incontrario. Ma nella sinistra italiana coloro che hanno avuto storicamente ragione, gliela danno anche i post comunisti, e cioè Turati, Saragat e il Nenni autonomista, sono deposti rigorosamente in soffitta, coloro che hanno avuto torto, appoggiando l’Urss e la sua rivoluzione leninista come Gramsci, il nemico dei riformisti, come Berlinguer, il padre dell’eurocomunismo e della terza via tra comunismo e socialdemocrazia, come Ingrao e Nilde Iotti, che di quella storia sono figli, vengono non solo esaltati, ma contesi dal Pd e dagli scissionisti.

Spero solo che si tratti di una necessità tattica e che il gruppo dirigente del Pd comprenda che il loro partito é finito proprio per le sue ambiguità e contraddizioni. E che l’unico modo per rilanciarne il progetto di forza riformista e socialista italiana é quello di fare punto e a capo e di rivolgersi a chi un’anima, una storia, un’identità coerente invece ce l’ha. Oggi siamo di fronte alla rinascita delle identità. Ha ragione Bersani quando si collega a una visione solidale della sinistra, che non può restare subalterna ai maglioni di Marchionne. Ma anche la sinistra di oggi, se non impara il valore della laicità, cioè della capacità di superare i suoi tabù e di reinventarsi, cioè di rompere con un passato integralista e con le sue icone sbagliate, sarà condannata a perdere sempre. I partiti senz’anima o con anime inconciliabili sono finiti.

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