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I socialisti europei tra crisi, svolte e divisioni

In Francia l’esperienza di governo ha spaccato il partito socialista, oltre a portarlo al suo minimo storico. Oggi Vals e la Royal, pare lo stesso Hollande, si sono schierati a sostegno di Macron, ex Psf e oggi a capo di una aggregazione che potremmo definire in italiano liberalsocialista. Il vetero socialista Hamon che ha vinto le primarie non andrà nemmeno al ballottaggio. Il laburista di sinistra Corbyn, leader del Labour dal 2015, a seguito della posizione assunta a favore del Leave è stato oggetto di una mozione di sfiducia non vincolante approvata da 172 parlamentari del suo Partito, pari all’81% del totale.

Perfino Tsipras aveva preferito sacrifici nemmeno lievi e contestati dal suo Varoufakis, che però non ha assunto mai, contrariamente a Corbyn, una posizione antieuropea, piuttosto che staccarsi dall’Unione. Un conto son le cose che si dicono, altro che quelle che si fanno. E il popolo greco ha testimoniato la sua solidarietà col suo governo rivotando per Tsipras. Ma restiamo ai socialisti. In Spagna Sanchez, il socialista più intransigente, ha preferito il ricorso alle elezioni, ottenendo il minimo storico del Psoe, piuttosto che allearsi coi popolari. Poi é stato costretto a fare ciò che non voleva e adesso contro di lui emerge la nuova stella della Diaz.

In Germania l’Spd di Schulz e ieri di Schroeder, non dimentichiamo il cancelliere che con i suoi provvedimenti economici ha gettato le basi per lo sviluppo del suo paese, è oggi competitiva con la Cdu di Angela Merkel. Vedremo chi vincerà, ma non v’é dubbio che la socialdemocrazia tedesca é in piedi. Senza ricorrere agli Hamon e ai Corbyn. Non credo che la socialdemocrazia europea sia esente da necessarie e anche profonde revisioni. Penso che un’analisi della nuova situazione, sui mercati finanziari, sulle regole europee, sui rapporti coi sovranismi, non ultimo quello di Trump, ma anche quello di Putin, e coi populismi, soprattutto dove paiono prevalere come in Francia e in Italia, non può spingere a rispolverare il vecchio dogmatismo socialista e comunista, i libri sacri del marxismo più o meno ortodosso, la scuola di Francoforte e altre scuole post sessantottesche.

Questo affrontare problemi nuovi con ricette vecchie porta alla sconfitta ovunque, anzi al disastro. lo provano Francia e Inghilterra, lo confermano Spagna e Germania. Restando all’Italia leggo sondaggi poco edificanti sui nuovi partiti collocati a sinistra del Pd. Dp viene data al 3,3 e Sinistra italiana al 2. Un consenso da pesi piuma. Aggiungo che collocare i Cinque stelle a sinistra è un clamoroso falso. Si tratta del più trasversale movimento esistente in Italia dal tempo del primo fascismo, che metteva insieme i rivoluzionari del Psi cogli agrari. Tra il passato di Di Maio e quello di Di Battista c’è più dell’intero arco costituzionale. O riusciremo a ragionare senza i paraocchi dell’ideologia e ad affrontare i temi più gravi da cui prende origine questo poderoso movimento di protesta, su tutti la disoccupazione giovanile, oppure continueremo ad alimentarlo. Mi pare che l’unica ricetta per un rinnovamento anche del socialismo europeo sia un moderno pragmatismo. Non un ritorno a Marx.

Mauro Del Bue
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