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La compagnia del 5 per cento

3 Giugno 2017 1.062 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Non mi iscriverei alla rattristata compagnia del 5 per cento. Intanto perché se modello tedesco deve essere, e si tratta di un sistema elettorale che può bene adattarsi a una democrazia parlamentare come la nostra, é chiaro che il modello deve essere coerente con se stesso. Una soglia di sbarramento del genere é compatibile con un sistema dove gli eletti nei collegi uninominali devono rientrare nella percentuale ottenuta dalle singole liste nella quota proporzionale. Poi, perché bisogna pensare che non é che cambiasse granché, per noi, con uno sbarramento al tre per cento di lista. Altra cosa sarebbe stato un vincolo del tre, o magari inferiore al tre, per singoli soggetti nell’ambito di una coalizione. In quest’ultimo caso il Psi era orientato a discutere dell’opportunità di presentare una lista con Alternativa popolare o con radicali e laici, come io avrei preferito soprattutto se lo sbarramento per liste coalizzate fosse stato inferiore al tre.

Oggi è peraltro inutile sbracciarsi, contestare, alzare grida spagnolesche. I quattro hanno deciso il modello tedesco e tedesco sia. A me personalmente non è per niente piaciuto il benservito dato da Renzi ad Alfano dopo quattro anni di collaborazione leale, con un misto di cinismo e di sarcasmo. “Uno che é stato ministro di tutto non riesce a raggiungere il 5 per cento?”, si é chiesto con un eccesso di arroganza il segretario del Pd. Che fa il paio con la dichiarazione di guerra ai piccoli partiti, che a suo giudizio “é giusto che stiano fuori dal Parlamento”. Mi viene in mente il ben diverso linguaggio e atteggiamento della Dc, anche quando con De Gasperi, nel 1948, conseguì la maggioranza dei seggi alla Camera.

Questo tuttavia é quel che passa il convento. E ai piccoli partiti non resta che sbraitare e poi rassegnarsi (che non é neppure popolare) o rassegnarsi senza sbraitare e cercare una collocazione in una lista che dovrà per ragioni politiche e di opportunità elettorale configurarsi come lista di coalizione di soggetti diversi. Alla sinistra del Pd lo sbarramento elettorale impone una necessaria aggregazione. Non a caso Fratoianni, leader di Sinistra italiana, si è detto subito d’accordo col cinque per cento. Dp, Sinistra italiana, lo stesso Pisapia, che ha dato appuntamento ad una nuova costituente, tenteranno di costruire un’unica casa, o condominio, dove pare vogliano trovare posto anche i verdi, forse lo stesso Tabacci, qualche socialista.

Si tratta di una scelta generata dalla nuova proposta di legge elettorale, che sarebbe stato più complicato organizzare col tre per cento. Così pure al centro la paura di essere spazzati via sta incentivando una nuova unione, anche se dall’esito elettorale assai più incerto. Alfano, Casini, Verdini, forse Parisi, Tosi, Fitto (quest’ultimo alla fine sceglierà la più sicura alleanza con Salvini-Meloni) tenteranno di unirsi per lanciarsi nella difficile rincorsa al cinque per cento. A meno che Alfano non compia l’operazione politicamente più logica e ritorni in una Forza Italia che si avvia a fare le stesse scelte compiute dal suo Nuovo centrodestra. Il Pd non starà a guardare. E lo dico perché sono convinto non sia suo interesse farsi contare in quanto tale dopo la scissione e il probabile nuovo distacco di esponenti di primo piano che non accettano il proporzionale e quel che ci sta dietro, cioè l’intesa futura con Berlusconi, e si sentono attirati e lusingati dalle sirene di Pisapia. Quest’ultima possibilità che si riferisce ai cambiamenti in atto nel Pd, che si apre grazie alla proposta di legge elettorale, può vederci, assieme ai compagni radicali, ancora protagonisti. Un grande rimescolamento di carte, che solo la superficialità di giornalisti senza esperienza e fiuto politici può rinserrare nelle gabbie di vecchi sondaggi, si annuncia all’orizzonte. Non perdiamoci in battaglie di retroguardia e guardiamo la luna lasciando perdere il dito.

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