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Le liste socialiste al 4,4%

12 Giugno 2017 1.042 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dati e riflessioni post elettorali. Sul piano generale emerge il crollo dei grillini che non vanno al ballottaggio neppure nella città di Beppe Grillo e nelle altre ritornano più o meno alle percentuali di una modesta lista civica locale. Di contro ecco riaffacciarsi il bipolarismo tradizionale tra centro-sinistra e centro-destra con quest’ultimo in netto, imprevisto vantaggio. Entrambe le coalizioni diventano competitive quando non sono imperniate su un solo partito (Pd e Forza Italia o Lega) e nel momento in cui si allargano agli alleati. A livello amministrativo le liste socialiste (del Psi e di area) ottengono nei comuni  in cui si sono presentate il 4,4 per cento, circa 45 comuni su oltre 140, escludendo le liste a partecipazione di candidati socialisti che sono oltre 80. Tutto questo non va automaticamente trasferito sul piano politico. Sappiamo che mai come ora le amministrative sono libere da condizionamenti politici e di partito. Eppure un segnale è pur stato lanciato in almeno due direzioni. Contrariamente alle amministrative di Roma e Torino, i Cinque stelle segnano il passo, dovuto al personale poco radicato e conosciuto, forse alla cattiva conduzione delle città amministrate, soprattutto Roma, ma anche al riemergere di uno scontro a due, tra centro-destra e centro-sinistra, che li ha messi almeno a livello amministrativo, fuori gioco.

 

Attendiamo i ballottaggi per esprimere una valutazione più approfondita, ma che a livello politico questa richiesta di bipolarismo di coalizione venga lanciata dai territori è indubbio. Il centro-sinistra pare passarsela peggio del rinvigorito centro-destra e paga questi anni di governo nazionale, il Pd soprattutto, che ottiene un risultato preoccupante, attenuato dal risultato degli alleati. Bisognerà tenerne conto nell’elaborazione della nuova legge elettorale. Il bipolarismo italiano, nonostante pare che Renzi e Berlusconi non la pensino così, non è bipartitismo. Ogni tentativo di ridurlo a due finisce inevitabilmente per rafforzare il ruolo dei Pentastellati. I casi di Genova, Padova, Catanzaro lo dimostrano, col centro-destra ovunque in vantaggio, mentre a Verona e Taranto il centro-sinistra non va neppure al ballottaggio.

 

Questi dati confermano, penso anche alle contemporanee elezioni francesi, dove un movimento nato lo scorso anno, ha conseguito la maggioranza assoluta dei seggi, che il mondo è cambiato. Anche l’Italia, perfino l’Emilia e la Toscana, non assomigliano più a quelle conosciute. Il caso di Campegine, un comune che conosco bene perché della mia provincia, dove il Pci otteneva l’80 per cento dei voti, la patria dei fratelli Cervi e del museo a loro dedicato, incredibilmente vinto da una lista civica, capeggiata da un nostro compagno storico Germano Artioli, tuttora iscritto al Psi, contro la solita lista di sinistra, la dice lunga. La crisi del movimento cooperativo non è un elemento trascurabile e l’insieme del modello emiliano ha iniziato da tempo a fare cilecca. Alle elezioni regionali ha partecipato solo il 37% degli aventi diritto, a Parma, dove il sindaco ex grillino (i grillini ufficiali hanno ottenuto poco più del 5 per cento) si appresta a fare il bis in carrozza, la partecipazione è stata di oltre cinque punti inferiore alla media nazionale. Tutti dati che andranno opportunamente analizzati. Il Psi si appresti a svolgere un ruolo nuovo nel centro-sinistra italiano. Quello di un partner vivo, moderno, che guarda avanti. Il polo di centro-sinistra, se rilanciato e profondamente rinnovato, non ha perso la partita.

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